Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
238 STORI Acon nuove cocche e bombarde, la seconda con torri, muraglie e palizzate, riforni Malamocco che il presidio dopo la presa di Chioggia aveva abbandonato, e chiuse con catene ed opere di legname quella parte del canale della Gindecca che conduce alla terra ferma e quella di Malamocco. Inoltre profittando del tempo che il Doria spendeva inutilmente a Chioggia, e di alcuni dispareri insorti fra i collegati, mandò il Senato ambasciatori a Bernabò Visconti a rappresentargli lo stato infelice a cui era ridotta Venezia, e pregandolo a sovvenire la sua alleata con lo spedire un corpo di troppe contro Genova.
Il Visconti non fu sordo a queste preghiere, ed inviava alla volta della Liguria Astorre Manfredi signor di Faenza, con la compagnia della Stella, la quale allettata dall' oro guadagnato F anno innanzi in Val di Polcevera sperava di rifare nuovo lucro. Il Manfredi dato il guasto alla valle e alle alture che fiancheggiavano il Bisagno si accampava sul Colle di Albaro. Allora il Doge consentì che i cittadini più sicuri prendessero le armi. Con essi usciva incontro ai masnadieri Isnardo Guarco di lui fratello, e gli assaltava di fronte, mentre alle spalle gli si calavano addosso i contadini della valle e dei monti, istigati a ciò dal Governo e di per se stessi irritati a cagione delle depredazioni. La banda vedendosi circondata, propose di restituire le cose tolte e di andarsene, e poiché queste offerte furon respinte, tentò di aprirsi una via con Farmi. Ma anche questa via tornando inutile e già molti essendo stali uccisi gli altri si arresero. Il Manfredi scampò vestito da contadino; Antonio Visconti nipote di Bernabò, Giovanni da Samminiato, con il resto de' caporioni principali furon presi e giustiziati. Oltre una grande quantità di preda, tre bandiere, una de' Veneziani, F altra de* Visconti, la terza dei Casali signori di Tortona, caddero in mano dei vincitori. La disfatta della Compagnia della Stella, più di quello che influisse sull'andamento generale della guerra recò grande letizia a tutte le città italiane minacciate continuamente dalle scorrerie di quei masnadieri.
Poco avanti, una diversione tentata da Carlo Zeno, valoroso capitano della flotta che i Veneziani avevano in Oriente, riusci ugualmente inutile. Dopo avere scorsa la riviera di Levante, lo Zeno sbarcò nell'isolelta di Tino avanti a Portovenere e la saccheggiò portandone via alcune reliquie di santi, ma nove galere uscite da Genova lo costrinsero ben presto ad abbandonare quelle acque.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (254/637)
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