Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      naie. Non si perse per questo di coraggio r Ammiraglio genovese. Partiva da Chioggia grande con un' altra squadra, e per canali creduti impraticabili, aiutandosi con argani e con altri ingegni, dove le navi rimanevano in secco, giungeva a Brondolo per un' altra via. Ivi per molli giorni durava una mischia accanita e terribile tra l'incessante fulminare del monastero genovese e della batteria veneziana, e il cacciarsi innanzi e l'esser respinte indietro delle navi assediate, cui il fuoco delle artiglierie e la squadra del Pisani postata avanti al porto impediva di continuo l'anelato passaggio. Finalmente il Doria dopo avere esauriti tutti gli sforzi di una esperienza consumata, e di un valore reso più intraprendente dalla necessità, abbandonava l'impresa, e le squadre del Contarmi e del Pisani seguitarono a far la guardia l'uno avanti a Chioggia l'altro avanti a Brondolo.
      Ma le ciurme veneziane composte in gran parte di genti nuove e non avvezze alle fatiche del mare, si stancavano di quel metodo di guerra lungo ed inquieto, e molte di loro pensavano con desiderio ai tranquilli riposi domestici della patria vicina. Li ritenevano a fatica l'autorità del Doge e del Pisani i quali conoscendo che l'esito finale della guerra dipendeva dal mantenimento di uno strettissimo blocco, cercavano di tener vivo l'entusiasmo dei loro con ogni maniera di conforto, e specialmente con la speranza dell' imminente arrivo dello Zeno, lo di cui navi avrebbero rilevate l'altre dal faticoso servizio. Valsero questi eccitamenti fino al sopraggiungere del verno, ma nei rigori del decembre i malumori si cangiarono in mormorii e quasi in aperta rivolta. Dichiararono allora i due Ammiragli che se nello spazio dei quattro giorni che ancora rimanevano dell'anno la flotta di Oriente non si fosse veduta, il blocco sarebbe stato sciolto, e l'armata ritornerebbe a Venezia.
      (4380) 11 primo di gennaio 4380, salutata dagli applausi degli assedianti, compariva in vista la squadra dello Zeno, forte di venti galere, traendosi dietro un convoglio di navi cariche di grano, e la Becchignona grossa nave mercantile genovese caduta in mano dei Veneziani presso Rodi, con merci pel valore di quattrocentomila lire genovine e trecento uomini d'equipaggio. L'arrivo dello Zeno in un momento di importanza così suprema, e con tali soccorsi cambiò la feccia delle cose. Ai marinari ritornò l'animo e l'entusiasmo, a Venezia l'abbondanza. Nei Genovesi invece la perdita di Pietro Doria, fortissimo nel sostenere la sventura procacciata dalla propria ostinazione, ucciso
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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