Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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grande. Nel medesimo tempo, il Mani fio si rappresentava con ventinove galere avanti il porto, ed attaccava, con un furioso trarre delle artiglierie, la fortezza della Lupa, inalzata dai nemici a cavaliere della bocca, con l'intenzione di distrarti dall' assalto contemporaneo degli assediati contro Chioggia piccola. Ma le bombarde, di cui la Lupa era gremita, tenevano, con tiri continui, da un lato in rispetto la flotta, e dall'altro disturbavano quelli delle barche, allora tutti affaticali a sradicare le palizzate. La resistenza della fortezza dava campo intanto agli assalili di acconere alla difesa dei luoghi minacciati. Cento barche, mandale in fretta dal Contarmi, si gittavano alle spalle di quelle uscite di Chioggia, e senatele contro le palizzate ne pren-davano sessantasei. Il Maruffo stesso, dopo aver fatto ogni sforzo per venire ad una battaglia più stretta e superare P intoppo della Lupa, poiché seppe l'esito infelice della parte principale dell' impresa, si ritrasse sconfortato aUe Fossioni. Nel canale molti furono i morti, e moltissimi i prigionieri, fra i quali Giovanni Granelli, capitano e consigliatore della spe-dizioae, gli altri ritornarono a Chioggia.
Quivi con l'ultima sconfitta, ogni speranza di riscossa con l'armi, essendo svanita, e la fame stringendo ogni di più, si tentò, come estrema risorsa, di conompere, con l'offerta di seimila fiorini d'oro, i capi dei venturieri al soldo dei Veneziani, affinchè aprissero uno scampo di vita e di libertà al presidio avanzato al fono e ai patimenti. Le pratiche arano già inoltrate, e il progetto vicino ad effettuarsi, quando il Senato veneziano, informato della trama, faceva impiccare Roberto Recanati, capitano di Ventura e principale nell' intrigo, gli altri teneva in freno, parte col timore, parte con la promessa del saccheggio di Chioggia per tre giorni, e del possesso di tutti quei prigioni, i quali non fossero genovesi. Allora, poiché Gaspare Spinola, vista la brutta piega che pigliavano le cose, si era allontanato in terraferma, fa mandato Fazio Cybo, rimasto al comando, a denunziare la resa al Doge, e ad ottenerne quelle condizioni meno peggiori che fosse stato possibile. Il Cybo chiese la libertà e la vita del presidio, in nome dei patimenti sofferti, del valpr dimostrato. Preghiere e ragioni, tutto fu vano. Rispose il Doge: la prigionia del presidio esser già decretata, si rendessero a discrezione. Allora sulla cima della più alta torre di Chioggia, una bianca vela era veduta inalberarsi, distendersi per un momento all' aria e poi ricadere. Era il segnale che rendeva noto al Maruffo la deliberazione di rendersi. Questi ris-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (263/637)
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