Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
300 STORIAripigliava la politica ambiziosa, ai Montatói il Monferrato, in cui le presenti discordie riaccendevano le speranze. 11 sopraggiungere delle nuove forze era il segno di più accaniti conflitti, e quasi il reciproco uccidere fosse poco, da una parte e dall'altra si rovinavano, o davansi alle fiamme le case conquistale (1415).
Si pensò allora ad un rimedio provato efficace in simili circostanze. Essendo l'arcivescovo Pitao De Marini lungi al concilio di Costanza, moveva il suo vicario dalla cattedrale, avendo in mano l'ostia sacra a traverso le principali strade della città. Seguivalo il clero, cittadini d'ogni ordine e d'ogni età, donne, fanciulli e vecchi principalmente, gridando pace e misericordia. Sulla piazza di Banchi dove una grossa barricata divideva i partigiani del Montaldo da quelli del doge, non vollero i primi permettere il passaggio altro che al clero, e al sesso e all'età imbelle. Mansuefacevansi per un momento gli spiriti influenzati dallo spettacolo religioso, in tempi in cui avean gli uomini qualche cosa in che credere, e in che sperare, poi con lo sparire dell'apparato cessando il sentimento, le antiche ire e i nemici presenti, facevano nuovamente brandire le armi, e riaccender le fiamme.
Nonostante, la discordia per spossatezza, e per P adoperarsi incessante dei pacificatori, a grado a grado illanguidiva, finché quando parve tempo opportuno, tre cittadini, Barnaba Guarco, Jacopo Giustiniani e Antonio Doria congregavano il popolo a parlamento nella chiesa di S. Domenico per trattare della pace. Si eleggevano a quest' uopo nove cittadini, i quali avendo sedate le parti in armi, quattro arbitri eletti da queste, dettarono delle condizioni che ottennero fortunatamente reciproca approvazione.
Fu stabilito: si togliessero le barricate, si affidasse ad uomini neutrali la guardia del castello e di castelletto, tenesse il doge l'ufficio ancora diciotto giorni, gli fosse accordata P esenzione dalle imposte a vita, e il consolalo di Caffa per un anno.
Così avean fine queste contese, le quali oltre i danni incalcolatili del ristagno dei negozii, tolsero alla Repubblica cento ventuno cittadini di qualità, con altri molti del popolo minuto, e alla città cento quarantasei Case, fra bruciate e rovinate.
Trascorso il tempo determinato, usciva Giorgio Adorno di palagio, ornato della veste e delle altre insegne ducali, e scortato dalla sua guardia, si riduceva cavalcando alle sue case, donde rinunciava con acconcie parole il
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (318/637)
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