Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 317
sic orarsene : inoltro dava in pegno a Francesco Spinola, la Pieve del Teicio e la Valle di Arocia; ad Isnardo Guarco la terra di Ovada; un anno dopo a Carlo Lomellino la città di Ventimiglia per denari prestati alla Repubblica; col doppio intendimento, di indebolire lo stato, e di consolidare la propria potenza, interessando un più grande numero di cittadini al mantenimento d* essa. Sapeva bene che questi provvedimenti erano disapprovati dal popolo apertamente, e dai Magistrati di nascosto, ma confidava di reprimere il primo con le armi, e disviarlo con le imprese esteriori, ai secondi intendeva por freno con 1'influenza dei nobili, i quali come abbiamo veduto si studiava di compromettere, e tirare al suo partito.
Di fuori lo minacciava un più gran pericolo. I fiorentini i quali per distrarre il Visconti dalla Toscana, aveano coadiuvali i tentativi del Fregoso in Liguria, visto che le cose non avevano avuto quivi i resultati che se ne erano ripromessi, si erano rivolti ai veneziani ondeggianti da lungo tempo fra il timore delle armi di Filippo, ed il desiderio di abbassarne la crescente potenza. Finalmente Y ambasciatore fiorentino parlando al senato con gravi parole, e dimostrando che i genovesi non aiutati avean fatto Filippo signore, i fiorentini essi stessi abbandonati Y avrebbero fatto Re, ed i veneziani sottomessi a lor volta dopo tutti gli altri lo avrebbero coronato imperatore, riusci a persuadere il consiglio dei padri, ed una lega fra le due repubbliche ai danni di Filippo fu conclusa. Gli stessi sentimenti d' odio e di timore vi facevano accedere Amedeo Vili di Savoia, i marchesi di Ferrara, di Monferrato, di Mantova, e gli svizzeri.
Minacciato da tanti nemici, il duca, mentre ragunava genti da un lato per respingere la forza con la forza, procurò dall' altro di diminuire con le trattative il numero degli avversari (1426). Riusci per mezzo di queste a distaccare dalla lega dei fiorentini e dei fuorusciti, Alfonso d'Aragona adescandolo col promettergli le terre di Calvi e di Bonifacio agognate e tentate invano da sì lungo tempo dal re in Corsica; e poiché per avere quelle terre il consenso del duca non bastava, ma era anche necessario quello dei terrazzani i quali negavano di cedere se non alla forza, fu stabilito che il re prendesse per allora in pegno le fortezze di Portovenere e di Lerici. Cosi agli antichi si aggiungeva un nuovo motivo di sdegno contro la signoria del Milanese negli animi dei cittadini di Genova. Più tardi ambasciatori aragonesi, forse ad insinuazione di Filippo, venivano con grande
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (335/637)
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