Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      dritta una bandiera di malcontento, aveva in animo di sperperare la valle a fuoco e fiamma, ma poscia placato per preghiere, si contentò di torre le campane alle parrocchie onde fosse impedito il solito modo di congregarsi a stormo. Ne seguiva una sottomissione quasi generale delle terre dei fuorusciti. Ottobono Spinola ricuperava Sestri, Moneglia, e Portofino; il Piccinino toglieva ai Fieschi, Carrega, Torriglia, Montobbio, Pontremoli e Sorisio, ai Malaspina tutte le lor terre di Lunigiana. (1430) La quiete momentanea ristabilita in Liguria dava agio al Piccinino di muovere contro i fiorentini i quali agognavano al possesso di Lucca.
      Una mutazione importante era successa in questa città. Paolo Guinigi il quale da molto tempo la governava con assai moderazione per assoluto signore, assalito dai fiorentini, non aiutato dalle promesse di Filippo, allora imbarazzato in Lombardia, era entrato in trattative per render loro la città. Ma i lucchesi irritati di esser posti al mercato, ed instigati in parte dai Senesi rivali perpetui di Firenze, cacciarono Guinigi e domandarono aiuto ai genovesi. Filippo conoscendo P utilità grande di avere un piede in Lucca per i suoi progetti sulla Toscana, fè in modo che la Repubblica prestasse ai lucchesi quindicimila fiorini d'oro, ricevendone in pegno le fortezze di Motrone e di Pietrasanta e la promessa di porre presidio in Carrara e Lavenza, col diritto di mandare a Lucca annualmente un Podestà genovese, autorizzato ad intromettersi in qualunque deliberazione importante. Tutto ciò si faceva a nome dei genovesi non volendo ancora Filippo romper la pace di fresco conclusa con i collegati, anzi il Piccinino stesso come licenziato dal duca, ed assoldato dalla Repubblica, entrava con un esercito, in cui si contavano duemila balestrieri genovesi, nel territorio lucchese contro le genti fiorentine. Si azzuffarono i due eserciti sul Serchio; i balestrieri genovesi guadato per i primi il fiume, andarono a percuotere fieramente nelle genti d' arme fiorentine le quali sbaragliate e rotte, perduti mille e cinquecento cavalli ed il campo, ripararono parte a Ripafratta, parte a Pisa. Poteva il Piccinino seguitando la vittoria impadronirsi di questa ultima città, ma erano i tempi in cui ai condottieri bastava di vincere per sostenere il credito della propria banda, il profittare d'una battaglia vinta apparteneva alla diplomazia.
      Intanto Martino V era morto : 1' incerta pace conclusa per opera sua,
      volgeva un altra fiata al suo termine. Animavano Filippo alla guerra, il
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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