Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
322 STORIAnave principale e piombava nuovamente su i nemici neir acque di Portofino. La battaglia divenne più stretta: le due ammiraglie attaccate insieme combattevano accanitamente, quando una nave fiorentina montata da Raimondo Mannelli, decise della vittoria. Ordinò il Mannelli al suo piloto che profittando d'un vento fresco andasse a percuotere con la sua nave nella capitana genovese, e poiché quello temendo gli scogli, e la vicinanza della terra si ricusava a questa manovra, ve lo costrinse minacciandolo di fendergli la testa con un' accetta che teneva in mano. All' urto formidabile la nave percossa andò alla banda sino alla coverta; ed essendo i marinari parte caduti nelle onde il resto non potendo più reggersi in piedi per l'inclinazione del ponte, fu costretto Francesco Spinola ad arrendersi. La presa dell' ammiraglia fu il segno di una rotta generale: tutte le navi restanti si misero in fuga ; undici facendo forza di remi poterono afferrare Portofino, una giunse in Genova, le altre insieme col capitano restarono in mano dei vincitori.
In Genova temendosi dopo questa rotta di qualche assalto della fiotta vittoriosa, si rimisero tosto in punto le navi scampate; ma i veneziani indeboliti anche essi per le perdite sofferte a Portofino, senza fare altra dimostrazione si ritirarono con i prigioni e le navi predate, nell'Adriatico. D'altra parte amici e nemici straziavano ugualmente la misera Repubblica, la quale perduta la indipendenza, rumata nel commercio, era costretta a consumare le estreme risorse ad accrescere la potenza di chi la teneva schiava. Ma ai più non compariva la miseria presente; e dovendosi combattere contro aragonesi e veneziani nemici inveterati, non si domandava in nome di chi o per qual ragione, ma si combatteva.
Dopo la ritirata della fiotta, i veneziani per non tenere disoccupato il duca in Liguria, avevano stimolalo il marchese di Monferrato a farvi una irruzione. Barnaba Adorno ricevuto il comando di trecento cavalli ed ottocento pedoni metteva di nuovo in insurrezione la Polcevera, finché a Sestri rotto completamente, e fatto prigioniero dal Piccinino, il quale inviperito contro i villani indomiti della Liguria, gli trattò questa volta con eccessiva crudeltà. Uccise pel principio tutti quelli che potè avere, ne arse i casolari, ne disertò i campi, tutti gli altri che avea fatti prigionieri vendè come schiavi al pubblico incanto, costringendo i loro vicini a comprarli; entrato poi nella torre del marchese, fe' pagare ben cari ai sudditi i falli del loro signore.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (340/637)
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