Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA ' 331
Dopo ciò, salito sulla sua nave, e dato il segno, salpava con quattordici navi e tre galere alla volta di Gaeta. Da valente capitano cercò di mettere a profitto il tempo impiegato nel viaggio. Visitava personalmente ciascuna nave, provvedendo che le armi fossero tutte disposte al loro luogo e bene in punto, ogni avaria de* legni riparata, ogni guasto nelle vele e nei fuponi restaurato. Oltre di ciò, con acconcie parole, andava rinfrancando ed infiammando gli animi dei soldati. Non temessero, diceva loro, i nemici che si andava a combattere, perocché fossero guidati da un re, e dalla più florida baronìa della cristianità, essere i re ed i nobili, uomini come gli altri, anzi nelle cose di guerra da meno, perocché, allevati delicatamente, e non avvezzi ai fieri disagi ed ai robusti esercizi del mare, pensassero all' antica gloria genovese, ad una nobilissima città amica, la cui ultima speranza era posta nel loro aiuto, pensassero ai loro confratelli vicini a perire insieme con le immense ricchezze genovesi, rinchiuse in Gaeta; infine cosa dovevano temere di un'armata aragonese, essi tante volte vincitori di cotesta nazione, essi cresciuti sulle onde, ed i più valenti marinari del mondo.
Ai 3 di agosto 1435 giungeva la flotta nelle acque dell'isoletta di Ponza, in vista della città di Gaeta. Un messaggio, spedilo dalle saettie aragonesi, che incrociavano dinanzi al porto, recava l'avviso al campo, una flotta genovese essere in vista nella direzione di Ponza. Sparsasi la notizia nel campo, vi sorse un entusiasmo universale; il re, i cavalieri, i baroni, i cortigiani, quasi andassero ad una certa vittoria, erano i più desiderosi d'imbarcarsi. Usciva l'armata aragonese dal porto, in numero di quattordici navi grosse, undici galere, ed alquanti legni sottili, su cui il re avea ripartito seimila uomini di truppe scelte. Si distingueva fra tutte la nave ammiraglia, chiamata Magnana, a causa della sua grandezza straordinaria, sulla quale stava il re con il fiore de' suoi, e con tutto il lusso, le ricchezze e gli sfarzi cortigianeschi, quasi procedessero, non ad una battaglia, ma ad una festa.
Appena usciti, erano incontrali da un parlamentario, o trombetta genovese, il quale, ottenuto salvacondotto, saliva dal suo piccolo schifo alla superba ammiraglia aragonese, e presentatosi ad Alfonso, diceva: non avere i suoi alcuna ostile intenzione contro il re d'Aragona, lasciasse egli che la flotta genovese recasse le vettovaglie che portava al presidio di Gaeta, e seguila la loro commissióne, le navi di Filippo Visconti e della Repubblica se ne ritornerebbero inoffensive. Mentre il re prendeva tempo a rispondere ad una
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (349/637)
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