Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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tìgliezza d'ingegno e la facile eloquenza che gli erano particolari, si diffuse sul dimostrare al Visconte quanto più utile gli sarebbe stata la sua dell'amicizia di Francia. Considerasse l'ambizione oltramontana aver sempre agognato all'intiero possesso della Penisola: quando il più fiorito regno d'Italia fosse caduto in mano di Francesi, quali ostacoli avrebbe trovato questa nazione ad ingoiarsi anche l'altre Provincie? La vicinanza, le nuove comodità, le antiche tradizioni, le presenti circostanze (imperciocché cacciati gl'Inglesi non avesse la Francia a temere più di nemici all'interno) tutto tirarla a questa impresa. D'altra parte lo stabilimento degli Aragonesi nel Regno, mentre toglieva ogni sospetto di ulteriore ingrandimento per la lontananza stessa della Spagna dall'Italia, procacciava a Filippo un amico tanto più sincero, quanto più amendue avessero un eguale interesse di tenere in freno la superbia francese. Finalmente le ragioni e le arti di Alfonso furono tali e tante, che Filippo mutato pensiero, e subitamente di nemico divenuto amico di lui, strinse un accordo con esso nel quale si stabiliva, che quelle medesime navi genovesi le quali aveano combattuto e preso il re a Ponza, servirebbero ora a ricondurlo nel Regno, aiutandolo a ricuperarlo come dianzi glie)'aveano tolto.
Tuttociò faceva il duca di proprio capriccio, consultando solo gl'interessi suoi senza tenere in alcun conto le opinioni ed i vantaggi dei Liguri. Stabilito l'accordo, mandava un suo messaggio a Genova a significarlo, con l'ordine che si mettessero in punto sei navi per condurre Alfonso a Napoli ; il re di Navarra fosse trattato non più come prigione, ma con tutti gli onori soliti rendersi ai re. Della restituzione di Urici e di Porto Venere e della rinuncia di Alfonso alle pretensioni sulla Corsica, non si teneva parola.
Con che sentimento queste intenzioni e questi comandi fossero sentiti a Genova non è mestieri il dirlo; non erano più vane esclamazioni e proteste, ma taciti ragionamenti, segrete consultazioni fra i cittadini più reputali, e più saldi propositi di finirla colla dominazione milanese. Un altro fatto, un altra più grave e più solenne ingiuria li confermò.
Eran venuti da Gaeta ambasciatori a ringraziare la Repubblica degli aiuti mandati alla liberazione della loro città, ottenuta principalmente per opera de'soldati e delle navi genovesi. Esaltavano più di tutto il coraggio, l'abilità, la paziente ed indomita energia di Francesco Spinola, il quale solo,
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (359/637)
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