Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      352 STORIAAl di fnori le cose erano quiete salvo le incessanti depredazioni marittime degli Aragonesi, i quali seguitavano a fare alla Repubblica una piccola guerra a modo di corsari. Dapprima si tentò di far cessare questo flagello, da cui il commercio soffriva grandemente, con lo spedire in corso delle piccole squadre, ma a lungo andare gli armamenti riuscendo costosi ed inetti allo scopo proposto di nettare il mare, fu risoluto di venire con Alfonso ad una composizione ottenuta a patto che ogni anno gli fosse presentato dai Genovesi un bacile d' oro..Poco dopo esigendo il re che la presentazione si facesse pubblicamente in piena corte, il che era contro i trattati, la buona armonia si ruppe e le ostilità si rinnovarono.
      NelPistesso tempo (1444) aveva luogo nell'ufficio di S. Giorgio un importante riforma, consistente nella creazione d'un nuovo magistrato di otto cittadini, all'oggetto di amministrare i sopravanzi de'crediti della compagnia. Questo magistrato dall'anno in cui fu istituito fu detto dei quarantaquattro. Le cose assestate in cotal modo non furono di lunga durata.
      La dolcezza di carattere e la temperante imparzialità di Raffaele nel regime dello stato, mentre rendevanlo caro al popolo, e tollerato dagli ambiziosi e dagli emuli del suo casato, gli procacciarono nemici nella sua stessa famiglia. Si condolevano gli altri Adorni della di lui moderazione nel conferire onori, ricchezze, e cariche, a quelli della sua casa, e volgevano desiosi gl i occhi sopra Barnaba Adorno fratello del Doge, il quale desiderando per se il principato, andava alimentando la sfrenata cupidigia de' suoi parenti, promettendo ad essi mari e monti, se mai per opera loro fosse giunto al Dogato. Trovatisi adunque d'accordo si misero attorno a Raffaele e tanto lo aggirarono con insidiosi discorsi di misteriosi pericoli, di mali immaginari cagionati alla Repubblica dal suo reggimento, della gloria che gliene sarebbe venuta, se avesse restituito alla patria la sua libertà, che il debole Doge, non dubitando mai di essere ingannato da coloro stessi che per ogni ragione l'avrebbero dovuto sostenere si lasciò prendere al laccio e rinunziò il Dogato (1447).
      Gli subentrarono dodici cittadini deputati al mantenimento della libertà: ma Barnaba non volendo perdere il fruito de' suoi raggiri, occupato per forza il palazzo, si fece nominare Doge; e conoscendo di aver poco seguilo nella città, ricorse all' appoggio delle armi forestiere prendendo al suo soldo seicento soldati Aragonesi mandatigli da Alfonso. La facilità con cui il re
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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