Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      i Mussulmani a passare d'Asia in Europa, e di poi per sacrilega avarizia fornitili d'armi, di munizioni e di tutte le cose necessarie alla guerra. Iovano per aiutare la santa causa avea esso procacciata la pace di tutta T Italia; la concordia era stata sempre disturbata dai Genovesi, onde far la guerra ad essi era lo stesso che farla ai Turchi. Alludendo poi alla vittoria di Ponza e minacciandoli, concludeva essere accaduto talvolta che i deboli superassero i forti, ma più spesso che i forti trionfino de' deboli, soprattutto se la ragione ed il diritto stanno dalla loro parte.
      11 Doge e la balia della città di Genova rispondevano in termini più moderati, ribattendo capo per capo le imputazioni di cui erano accagionali. Esprimevano la loro meraviglia pel tuono arrogante ed ingiurioso della lettera ricevuta, tanto diverso dalla modestia e dalla dignità delle lettere precedentemente scritte da Alfonso alla Repubblica. Meglio quel primo modo convenire al suo carattere di re, che questo ove si cercava di coprire la calunnia con la violenza. Certamente colui che ne era stato incaricato dal re avea più cercato lo sfoggio della propria eloquenza, che la giustizia e la convenienza.
      In quanto alle accuse dirette contro i reggitori della Repubblica, esse erano eccessive nella forma, quanto ingiuste nella sostanza. E primieramente, se le paci precedenti erano state disturbate, non doversene far carie/) a loro, i quali in ogni caso aveano proposto, ma invano, di rimettere la decisione delle differenze insorte all' arbitrio di qualche amico comune. Gli era rimproverata la rottura delle ultime tregue, ma su questo argomento poteva rispondere per essi la miserabile moltitudine di tanti marinari liguri, incatenati al remo sulle navi d'Aragona, e dire da chi prima venne l'offesa, ed a chi tornò il danno maggiore. Intorno alle accuse sui fatti di Corsica, si rammentasse di un articolo della seconda pace conclusa fra Geoova ed Aragona, nel quale si proibiva espressamente ai due governi di accettare la sommessione, anche spontanea, dei sudditi di una parte e dell' altra. Ora come poteva loro rimproverare di aver punito come ribelle Raffaello di Leca, figlio di quel Rinnacio, che avendo per l'innanzi giurato, con tutta la sua casa, vassallaggio alla Repubblica, era morto colle armi in mano, combattendo per gì' interessi di lei? Certo (dicevano), o a noi è stato lecito di assalire Raffaello ed i suoi, o tu hai mancato ai patti, se dici di riconoscerlo come vassallo.
      Esser falso che essi avessero mai rigettata la colpa degli avvenimenti di
     
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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