Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      388 s t o » i avano la piega che intendeva di dargli, tentò anche un' impresa più difficile, quella cioè di riconciliarsi con Prospero Adorno, giudicando altrimenti impossibile di riuscire nell' intento di ricacciare i Francesi. Mandò pertanto per segreti agenti a dire a Prospero, che slasse io guardia contro la nobiltà; pensasse che essa odiatrice perpetua dei Dogi, lo era principalmente delle loro famiglie in cui il dogalo sembrava ora divenuto ereditario. Alla rovina dei Fregosi sarebbe seguitata certamente quella degli Adorni. Che se l'inimicizia sua contro di lui provenisse dall'ambizione che aveva di occupare il principato lo tenesse pure a sua posta, ad esso bastare la dignità di Arcivescovo di Genova. Queste ragioni che erano in parte vere, commossero 1' Adorno il quale essendo di natura mutabile accedè alle proposizioni dell'Arcivescovo. Ritornato adunque Paolo coi suoi in città, fu subito radunato il gran consiglio, dimessi dal governo gli otto artigiani ed eletto a doge con una concorrenza di volontà di cui fin allora non si era visto altro esempio, Prospero Adorno.
      Nonostante il nuovo governo versava in grandi strettezze, mancava il denaro, mancavano soldati vecchi e disciplinati da opporre alla guarnigione francese ed agli aiuti che il re Renalo non avrebbe lardato a mandare di Provenza. Per far fronte a queste necessità si ricorse ad una nuova tassa che per allora nel calore dell'entusiasmo fu pagata, quantunque a malincuore, onde per non alienarsi gli spiriti i due capi del governo si videro costretti ad implorare soccorsi dal di fuori e mandarono ambasciadori a Milano a chiedere armi e denari.
      Francesco Sforza non tardò a corrispondere alle richieste che gli venivano da Genova. Lo spingevano l'odio contro i Francesi, il desiderio di far cosa grata a Ferdinando di Napoli, il quale allora abbandonato dai sudditi e dai baroni, combattuto alacremente da Giovanni d' Angiò, stentava a far testa ai suoi nemici. Oltre di ciò incoraggiava il Duca a dare aiuto ai Genovesi la nuova amicizia contratta col Delfino che fu poi Luigi XI. Imperocché questi essendo nemico al padre cercava ogni modo di attraversarglisi e di suscitargli nuovi nemici. Mandò pertanto lo Sforza mille pedoni, sotto la condotta di Tommaso Raitino commissario, con grande quantità di denaro, affinchè 1' assedio di Castelletto fosse spinto con gagliardia e la fortezza, espugnata prima dell' arrivo di altri soldati di Francia.
      Ad ottenere l'intento si fabbricarono in fretta nuove e più grosse arti-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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