Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
DI GENOVA 423
La notizia dei tumulti di Genova essendo giunta al campo dei Fieschi, Gian Giorgio e Matteo, venuti perciò in speranza di poter fare qualche progresso con l'aiuto della loro fazione, si accostarono con una compagnia di vassalli alla città, e fatte scalare di notte tempo le mura di Carignano da una cinquantina d'uomini, per una porta che questi gli aprirono, entrarono dentro. In un istante le contrade vicine echeggiarono dei gridi nva la libertà, vivano i Fieschi, e la banda dei fuorusciti andava ogni momento aumentandosi, per il concorso dei partigiani che le si aggiungevano. Il governatore non tardò a spedire un corpo di truppe, onde reprimere i tumultuanti; ma questi, sebbene minori in numero, combattendo valorosamente, costrinsero i soldati ducali a indietreggiare e chiudersi in palagio. Ad onta di questo primo successo, i Fieschi avendo commesso l'istesso errore, che era stato cagione della rovina dell'impresa di Girolamo Gentile, perdendo cioè il tempo a percorrere le vie della città senza attaccare il palagio, correvano pericolo di essere abbandonati dai loro fautori, i quali, a proporzione che il giorno si faceva chiaro, andavano diradandosi. 11 patriottismo di Pietro Doria gli salvò. Costui, benché sconsigliato da quelli di sua famiglia e dal resto della nobiltà-, andò con una mano dei suoi fautori a raggiungere i Fieschi. Il nome dei Doria essendo influéntissimo negli animi della plebe, ricondusse gli sviati, e fé decidere quelli che ancora rimanevano titubanti. Il palazzo fu attaccato, ed il Pallavicino, temendo che se il moto si fosse andato allargando, non gli restasse chiusa la via di ritirarsi, abbandonò con le truppe il palazzo, e si ritrasse disordinatamente, e quasi fuggendo in Castelletto, lasciandosi indietro gran parte delle armi e dei bagagli, che i suoi per essere più spediti gittavano via.
Essendo cosi rimasti i Fieschi padroni della città, fecero immediatamente convocare il consiglio, onde dare ordine almeno provvisoriamente al governo della Repubblica. Furono a questo oggetto nominati otto capitani di libertà, sei popolani e due nobili. Questi ultimi, nonché fossero scontenti della preferenza data alla plebe, furono quelli che la consigliarono, con lo scopo di rappacificare gli odii che sapevano esser grandi verso di loro, ed anche con la speranza che per l'incapacità degli eletti, il governo avesse ben presto a ricadere nelle loro mani.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (443/637)
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