Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      438 STORIAquesti perseguitare i nemici e far compiuta la vittoria; ma il Sanseverino, temendo che i suoi avessero a fare allo scoperto cattiva prova, ne amando compromettere i vantaggi ottenuti, vi si oppose ostinatamente. In questo * momento da quelle allure, amendue gli eserciti vedevano entrare a piene vele nel porto una squadra di navi. Erano legni da carico napoletani inviati dal re Ferdinando. I Milanesi gią scoraggiti dalla sconfģtta credendo che le navi fossero apportatrici di novi soccorsi cominciarono a disordinarsi.
      I Genovesi dall'altro canto cresciuti di animo per quella vista e per il nuovo disordinarsi dei nemici, non avendo ornai pił rispetto alle osservazioni od alla soverchia prudenza del Sanseverino, saltaron fuori dagli sleccati, e gił per quelle balze gridando e brandendo le armi corsero addosso ai Lombardi.
      Costoro ad onta che pochi istanti prima avessero valorosamente combattuto air assalto degli sleccati, nonostante ora disanimati e pieni di paura,
      non seppero opporre alcuna resistenza ; ma pensando ciascuno a salvar sei
      stesso si miser in fuga dietro V esempio dei loro capitani, sbandandosi e correndo per quelle strette di monti. Ma la speranza di salvarsi era vana: perchč coloro che pił agili sfuggivano alla persecuzione dei soldati Genovesi incappavano nelle mani dei montanari, i quali irritati dai guasti menati dai soldati Lombardi nel primo loro passaggio, e tirati dall' amore della preda e delle spoglie dei vinti scagliando pietre dai luoghi eminenti, e ponendosi in agguato ai passi, quelli dei nemici che non uccidevano facevano prigionieri, svaligiandoli completamente sino a non lasciar loro neppure la camicia indosso.
      Morirono in questa rotta toccata sotto i due Gemelli dei soldati Milanesi meglio che seicento; la maggior parte furono fatti prigionieri; alcuni ven* duti alle navi napoletane che sorgevano nel porto come schiavi da remo per vilissimo prezzo. I capi dovettero la loro salvezza alla celeritą dei loro cavalli ; tutto il resto di un esercito fioritissimo, eccetto duemila pedoni e quattrocento cavalli lasciali di presidio a Busalla, invece di ritornare carichi delle spoglie di Genova come si erano ripromessi e vantati, comparvero sulle rive del Po disarmati e nudi, oggetto di riso e di compassione insieme. Alcuni dei principali dell'esercito lombardo, fra i quali il tesoriere ed il provveditore, avendo cercato uno scampo nei due castelli di Montobbio e di Savignone gią tolti precedentemente ai Fieschi dal governo di Milano, furono ivi assediati e presi da questi ultimi, che rioccupali cosi i,loro antichi feudi, ritennero i prigionieri per servirsene ad ottenere la liberazione di Ibleto allora tuttavia incarcerato in Lombardia.
     
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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