Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
462 STORIAsieri di allargamento e di conquista in Italia, si affrettò a mandare un ambasciatore, il quale trovando le cose già sistemate per un altro verso, ed essendo guardato a vista da alcuni gentiluomini della città che i dodici riformatori sotto colore di fargli onore gli avean messo d' attorno, riputandosi ingiuriato, e minacciando lo sdegno del suo re che i Genovesi in certo modo pigliavano a gabbo, tutto adirato in capo a pochi giorni abbandonò la citti
Intanto una solenne ambascieria era stata mandata a Milano, a ratificare gli accordi e a rassegnare nelle mani del duca Giovan Galeazzo il dominio della Repubblica. Le accoglienze e le suntuose cerimonie fatte ai deputali genovesi in questa circostanza, furono anche più splendide di quelle usate sotto il duca Francesco, quando per la prima volta gli Sforza spiegarono la loro autorità in Liguria. I discorsi nei quali i sudditi sfoggiavano indipendenza e cercavano di ammantare con ampie parole la nuova servitù, non mancarono, come non mancarono dall'altra parte le promesse e le lusinghe con cui da tempo immemorabile coloro che vogliono dominare sanno aggirare chi si fida alla lealtà delle loro parole. Ermolao Barbaro uno dei più dotti uomini del secolo parlò a nome del duca : imperocché era già venuto il tempo in cui gli ingegni distinti avean bisogno dell' aere corruttore delle corti per vivere, ne guardavano ad adempiere ufficio comunque indegno, purché vi fosse luogo a sfoggio di versi o di eloquenza. A nome dei Genovesi parlò Francesco Marliano, al quale come a tutti gli altri che lo aveano accompagnato nell' ambascieria, il Moro fè presente di splendide vesti di seta cremisi.
Del resto anche questa volta la perdita della indipendenza fu compensala dalla ricuperazione della quiete. I traffichi furon ripresi ; la plebe distratta per tanto tempo dalle agitazioni, ritornò ai consueti lavori; gli edifici divorati dall' incendio risorsero più belli e magnifici in breve tempo come per incanto, il commercio ricuperò anche esso la sua attività, il credito e la fiducia fu ristabilita, ed i luoghi di S. Giorgio che nelle passate peripezie erano discesi ad un valore bassissimo si rilevarono prontamente.
Quel ché non si rilevava più era 1' antica dignità del popolo conquistatore delle colonie asiatiche, e vincitore alla battaglia della Meloria. Imperocché venuta meno la libertà, quel prezioso sentimento d' orgoglio che vive con essa, con essa scomparve, nè ai cittadini sembrò grave, poiché si furono avvezzati a servire ai capi di partito, il passare dalla tirannide domestica alla servitù forestiera. Nè si creda sconveniente od ingiusto il chiamare fore-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (482/637)
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