Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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fidava di potere un giorno ottenere il principato della sua patria, e voleva perciò che la Repubblica non si ingagliardisse con nuovi acquisti, onde potere poi più facilmente dominarla. Il sapere poi che il re non amava questo acquisto,, a cagione dell' istesso timore che V ingrandimento della Repu-blica non rendesse il popolo più alieno dalla servitù, lo faceva più fermo in questo proposito e meno riguardoso a contrapporsi così apertamente ai voleri della maggiorità. Oltre tutte queste ragioni, pare che l'oro mandato dai Fiorentini al Fieschi che sapevano influentissimo, non fosse del tutto estraneo alle prese determinazioni.
Comunque sia la cosa, tanto il Fieschi che il re ragionavano poco dirittamente quando per dominar la Repubblica cercavano di distorta dalle imprese esteriori. Giacché, rispetto al Fieschi, ei doveva considerare che vi hanno due maniere per acquistare il principato; il favore e la forza. Ora quantunque Gian Luigi fosse potente non lo era però tanto da sperare di poter con la forza sola sottometter lo stato; egli aveva dunque torto a far_cosi poco conto del favore dei suoi concittadini: rispetto al re, egli avrebbe dovuto seguitare, per conservar Genova, la politica degli Sforza, ai quali non pareva vero di divertire il pensiero della servitù col solletico delle imprese esteriori.
Questa opposizione della nobiltà e di Gian Luigi Fieschi ottenne finalmente, ad onta di tutti gli sforzi della parte contraria, che le proposte dei Pisani fossero rigettate nel consiglio degli Anziani ; ma fu come una dichiarazione aperta di guerra fra le due parti.
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (527/637)
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