Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
51G sto lil aressi de' Genovesi. Scriveva infatti Giulio II al re con molto calore esortandolo a desistere dalla meditata impresa sopra Genova: ma questi ricusò assolutamente di volerlo fare; il che fu cagione che il papa indispettito lasciasse Bologna, dove si era portato per conferire col monarca francese, e cercasse di rappattumarsi con i Veneziani. Le lettere scritte da Massimiliano al medesimo scopo non ebbero altro effetto che irritare maggiormente Luigi, che riguardò come un alto di fellonia questo ricorrere dei Genovesi all'imperatore. -
Nonostante, ogni via di composizione non era ancor chiusa. Domenico del Carretto cardinale di Finale, che allora si trovava alla corte di Luigi evi era assai ben visto, scriveva ai magistrali scongiurandoli a desistere dal fare opposizione al re, ed offrendo la sua mediazione per ottenere non solo ai suoi concittadini il perdono, ma anche la conservazione delle riforme intorno agli uffici. Pareva ai cilladini più ricchi e più inclinali alla quiete di aver trovata finalmente un ancora di salvezza; però supplicavano i tribuni e gli altri che più avevano influenza sulla plebe ad accettare le esibizioni del cardinale e comporre le cose finché vi era ancor tempo ed occasione. Vedendo però che nè consigli nè preghiere valevano, minacciavano i popolani di costringere la plebe con la forza, quando i tribuni per torre via ogni speranza di accordo, insinuarono una misura definitiva. Il 15 di marzo 1507, la plebe si eleggeva un doge ed elevava a questa dignità Paolo da Novi tintore di seta.
Fino ad ora i dogi erano stati eletti fra l'aristocrazia popolare; ma essendosi questa, in parte per timore, in parte per invidia, tirata indietro, la plebe non aveva esitato ad elevare alla prima carica della Repubblica uno dellasua classe. D' altronde il carattere fermo e leale, e la mente diritta ed ac-
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concia alle faccende pubbliche dell' eletto, giustificavano bastantemente la scelta e la fiducia del popolo. Questo fatto, imperocché la creazione d'uo doge fosse una dichiarazione esplicita d'indipendenza, era bastantemente evidente di per se perché si pensasse ancora a salvare le apparenze.
La bandiera di Francia che avea fino ad ora seguitato a sventolare sulla torre di palazzo fu tolta giù, ed invece vi furono inalberate le insegne imperiali, come per dimostrare che il popolo rinunciando alla protezione di Lodovico XII si poneva sotto quella di Massimiliano di Germania. La guerra era ora aperta e mortale fra la plebe di Genova ed il re : a nuove lettere
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (538/637)
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