Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      538 STORIASembrò nonostante cbe i fatti giustificassero poco dopo i consigli dei parenti di Ottaviano. Benché privi dei soccorsi del re, Girolamo Adorno e Scipione Fieschi vollero tentare nuovamente la fortuna. Assoldarono cinquecento fanti nel Monferrato, e traversando i monti con la più gran segretezza si accostarono a Genova, dove speravano di entrare all' improvviso di notte e sorprendere Ottaviano. Questi avendo però avuto sentore della cosa era stato desto, ed avea tenuti sotto le armi i suoi tutta la notte designata all' attacco, e solo sull' alba, non vedendo comparire alcuno, si era ritirato in palazzo a riposare, quando i fuorusciti giunti a giorno chiaro sotto le alture di Castellacelo, dopo molto dubbiare per Fora tarda, si decisero finalmente a non lasciare andare 1' occasione, ed entrati per la porta di Carbonara, gridando Adorni, Adorni, penetrarono fino al palazzo. Il doge desto al rumore, e sentendo i nemici alle porte, non si lasciò spaventare, ma vestite in fretta le armi, fatto animo alla sua guardia, ordinò di aprire i rastrelli, e cacciatosi innanzi, cominciò a menar fieramente le mani contro i nemici. NelF istesso tempo un* altra banda di soldati sortiva da un' altra porta del palagio, e, riuscendo alle spalle dei nemici, gli assaltava furiosamente. 1 soldati dei fuorusciti stretti tra due fuochi non opposero lunga resistenza, e si cacciarono in fuga. Girolamo Adorno, Scipione Fieschi e Camillo Monti capitano napoletano, rimasero prigionieri.
      Questi tentativi dei Fieschi e degli Adorni mal riusciti, aveano consolidato il governo di Ottaviano, e resi meno avventali i nemici di lui. Però finche le cose d'Italia non prendevano un assetto più solido, e sussisteva quella perpetua minaccia di nuove invasioni francesi, non vi era da fare mollo conto della tranquillità presente, tanto più che da lungo tempo la Repubblica si trovava costretta ad adottare non la politica dettatagli dalla inclinazione, dalla utilità e dalla dignità propria, ma soltanto quella impostale dalia necessità.
      Il primo di gennaio 1515 moriva Luigi XII. Dopo tanto sangue francese sparso nelle guerre d'oltremonti, egli non avea potuto conservare in Italia neppure una sola città. La smania d'intraprendere cose superiori alle sue forze, come era stata cagione di tutte le disgrazie della sua vita, cosi lo fu della sua morie, prodotta in gran parte dal troppo ardore con cui quasi sessagenario, si era giltalo ad amare la sua recente sposa Maria, giovinetta sorella di Enrico Vili d'Inghilterra. Gli successe il suo genero Fran-
     
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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