Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
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eoa estremo valore impediva ai Corbera di assaltare la breccia che le artiglierie aveano aperta larghissima nelle mura. Nonostante era qui il pericolo maggiore : Filippino Doria che con una compagnia fresca sovra un altura non lontana da quelli che combattevano sotto il Fregoso, non essendo attaccato, osservava la battaglia, per un messo faoeva dire a Niccolò, che ove l'avesse comandato sarebbe venato co' suoi a sostenerlo ; ma questo non volendo dividere con alcuno la gloria di avere in quel giorno respinto i nemici, ricusò, finché ferito gravemente fu costretto a lasciar la battaglia. Allora i soldati non ebbero più ritegno ; incalzati col. medesimo ardore dagli Spagnuoli e disanimati per la perdita del loro capo, si misero in fuga. Entravano per la breccia i nemici, ed avanzandosi verso il luogo dove gli assediati contra-stavano ostinatamente al Pescara, gli assaltarono alle spalle e gli sgominarono!
Era il 30 di Maggio 1522 : dalla conquistata breccia, dalla porta del bastione di Pietraminuta, da quelle.di Vacca, si versavano le schiere Spa-gnuole ed italiane nella misera città. Saccheggiarono tutto quel giorno col-l'avidità spietata che caratterizzava i soldati di quell'epoca, ma di cui la fanteria di Spagna era stata la prima a dar F esempio. Per le vie, un correre affannoso, un gridare di donne e di fanciulli, un rinchiudersi dentro le case, delle quali cadevano nonostante spezzate le porte sotto le scuri della soldatesca, che sfrenata e sparpagliata, si spandeva alla rapina dei palagi, delle chiese, dei monasteri. Entrava nella notte Prospero Colonna con i suo lanzichenecchi, i quali non volendo restare addietro degli Spa-gnuoli, si affannavano a ricuperare il tempo perduto. Gli abitanti delle campagne stessi, i partigiani degli Adorni, mascherati, messo giù ogni pudore di carità cittadina, facevano a gara con i soldati a chi più rubava.
Mentre che amici e nemici stavano cosi tutti intenti alla rovina della città, mancò poco che da un subito rivolgimento di fortuna non rimanes- ' sero oppressi. Imperocché i popolani del sobborgo di S. Stefano, irritati dello strazio che si faceva della patria, si levarono in armi e cacciatisi per le strade facendo man bassa su quanti soldati incontravano, minacciavano di distruggere tutta P oste imperiale avanti che si fosse potuta raccogliere» Arrestati però sul più bello dalle parole e dai consigli di Bernardo Gallo cittadino di grande anlorità della fazione degli Adorni, si tolsero giù dall'impresa, ed alcuni di loro imitarono l'esempio degli stessi nemici. Tanto
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (575/637)
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