Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini
566 STORIAV invasione straniera aveva tulio distrutto. Il Piemonte povero di per se e maggiormente impoverito dal passaggio degli eserciti che venivano di Francia. La Lombardia, già ricchissima ed ubertosissima, divenuta sede perpetua di guerra, corsa e spogliata a vicenda, da Italiani, Francesi, Spagnuoli, e Tedeschi, non avea conservato altro che gli occhi per piangere. Fino all'ultimo scudo le avevano estorto, fìn l'ultimo boccone di pane gli avevano mangiato gli avidi e feroci soldati di Spagna e di Alemagna. La Toscana era stata meno sperperata; ma la guerra fraterna di Pisa ne avea logorato le forze. Romagna e Napoli erano esauste e torturale ugualmente; l'uoa costretta a pagare chi avrebbe voluto ma non la sapeva difendere, l'altra munta fino al sangue da chi la difendeva per trangugiarsela a suo bell'agio. A Genova , con la perdita delle colonie, erano state tagliate le braccia: poiché il primitivo terreno le era mancato di sotto, era costretta a vivere a modo di pianta parassita, ora inquartata nei gigli di Francia, ora ghermita dagli artigli dell' aquila imperiale. Lo sfacelo era universale. L'edificio municipale italiano, come barca mal connessa, faceva acqua da tutte le parti, e colava a fondo a vista d'occhio. La libertà era morta, l'indipendenza dava le recate. Tutti i corvi d'oltremonte e d'oltremare si affollavano giulivi al banchetto funereo.
L'anno 1527, cominciava con auguri minacciosi. Quattordicimila Tedeschi eran passati in Italia capitanati da un uomo feroce e risoluto, Giorgio Frund-sberg. Venivano in apparenza per difendere gli interessi di Carlo V; in fatti, per saccheggiare ed usurpare quel che ancor rimaneva delle ricchezie d'Italia, giacché con questo incentivo erano stati attirati. Il pontefice Clemente VII, su cui stava per rovesciarsi la tempesta, non se ne dava per inteso; ma attendeva con le sue e con le forze della lega all'impresa di Napoli contro l'esercito del viceré Lanoia. Intantochè l'esercito francese di terra, tante volte promesso da Francesco I, si stava apparecchiando,una nuova fiotta partita da Marsiglia con Renzo da Ceri e il principe di Valdi-dimonte, che come discendente della casa di Lorena era designato a nuovo pretendente nel Regno, si presentava senza frutto dinanzi a Genova.
Questa, dopo la partenza deile tre squadre riunite, avea ripreso animo, nè la fazione degli Adorni era molto di buon grado disposta a cedere un potere che avea difeso con tanle fatiche, con tante spese, con tanti patimenti sofferti nella trascorsa diffalla di viveri. Andrea Doria, da Civita-
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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova 1856
pagine 607 |
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Pagina (590/637)
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