Storia popolare di Genova di Mariano Bargellini

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      mente favorevoli a suo riguardo, dei consigli di molti suoi amici e delle insinuazioni stesse di Carlo V, non avrebbe incontrata difficoltà a farsi principe della sua patria. Ma considerata Y invidia e gli odii che si sarebbe tirati addosso, onde molti che allora gli erano amici gli sarebbero diventati avversi, e che le parti risuscitate avrebbero ricondotto il dominio straniero e con esso il termine del suo principato, credè prudente di far tacere una vana ambizione e governare con la iufluenza uno stato che come principe non avrebbe potuto conservare.
      Il giorno dopo radunavasi nel palagio un consiglio numeroso di millo cinquecento cittadini, per consultare intorno alla forma di governo da adottarsi, ed intendersi circa alle misure da prendersi nelle circostanze presenti. Quivi, essendo tutti concordi in perseverare in un governo repubblicano indipendente, dopoché Battista Lomellino ebbe parlalo con molta eloquenza su questo argomento, fu deciso che i dodici riformatori avrebbero seguitato alacremente Y incominciato lavoro delle nuove oostituzioni dello stato, e che in essi sarebbe provvisoriamente risieduto il potere esecutivo e legislativo della Repubblica.
      Stabilite queste disposizioni preliminari, si attese a quei provvedimenti che erano più necessari. All'assoluto esaurimento delle finanze si provvide con una tassa volontaria che si imposero a seconda dei proprii mezzi ciascuno dei convocati, fra i quali il Lomellino ed Andrea Doria si mostrarono i più liberali. Nonostante, non sopperendo ai bisogni la beneficenza privata, si ebbe ricorso alla cassa di S. Giorgio per un imprestito di centocinquantamila scudi d'oro assicurati sulle gabelle del sale. Provveduti i danari si pensò alle armi. Furono eletti quattro capitani, a ciascuno dei quali fu assegnato un quartiere della città per conscrivervi gli uomini atti alle armi; altri uomini furon deputati a questo oggetto nelle campagne e nelle riviere: dalla Corsica e dalla Toscana si cercò ugualmente di ragunar genti. Furono i resultati maggiori delle speranze. Quantunque la città e le campagne fossero da lungo tempo spopolate dalla peste, concorsero nonostante cittadini e contadini ugualmente volonterosi sotto le bandiere della Repubblica. I nobili che aveano possedimenti in Liguria, e specialmente Sinibaldo Fieschi, contribuirono col loro zelo grandemente al pronto e numeroso armamento di queste milizie. La Corsica potò spedire in pochi giorni settecento soldati ; Lorenzo Cibo ne arruolò in Toscana più di due mila: a Filippino Doria fu affidato il comando di tutte le forzo di terra.
     


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Storia popolare di Genova
dalla sua origine sino ai nostri tempi (Volume Primo)
di Mariano Bargellini
Enrico Monti Genova
1856 pagine 607

   

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