I misteri di Milano di Alessandro Sauli

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      * accovacciatosi in fondo al sedile , si die" a zuffolarc il noto ritornello di una canzone popolare:
      L'è tri dì eh'ci piceuv e'I fiocca, E1 me moros Y è mai rivaa !
      «
      0 che F ha ciappaa la ciocca , O eh' el se desmentegaa.
      *
      Il giovinotto infilò andito, scarsamente illuminato da un fa-naletto, là dove aprivasi un fangoso e buio cortile, formando un ampio parallelogrammo.
      Nulla di più uggioso o di più malinconico di quel fabbricato, in rovina, veduto a quell'ora e in quella notte.
      À chi si affacciava air arrugginito cancello di ferro, che metteva al cortile, presentavansi quattro muraglioni scalcinati e rossicci , a eguali intervalli forati da larghe finestre arcuate, sul gusto di quelle che guardavano sulla via. Dagli screpoli delle muraglie e dalle commettiture dell'ammattonato sbucavano esili tralci d'erbe serpeggianti,
      che , diramandosi da punti opposti, venivano bizzarramente a intersecarsi e intrecciarsi, scendendo giù giù per gli spigoli, attortigliandosi agli sporti, serpeggiando su'davanzali, per risalire, ricongiungersi, rintrecciarsi e ricadere a festoni d' un verde lucido e opaco.
      Uno stretto e basso loggiato a sesto acuto, sorretto da un ordine di tozze colonnette di granito bigio, ricorreva all'intorno, chiudendo da tre lati lo scassinato edifizio. L'erba cresceva alta tra i rari ciottoli del cortile, in tutto il selvaggio rigoglio di una libera vegetazione, tappezzandolo in varie parti d'un cupo strato muscoso, ove noi contendevano le profonde pozzanghere, che l'acqua piovana, lanciata a larghi sprazzi dalle gronde, manteneva perenni e stagnanti.
      Era impossibile non provare un intimo senso di tristezza alla vista di quelle macerie, fiocamente rischiarate da un appannato lampioncino a olio, il quale, proiettando la nera ombra degli archi sul lastrico del vestibolo, raddoppiava la squallida e nuda vastità di quel palazzotto feudale.
      Una sola finestra del casamento, quella di mezzo che prospettava il cancello, vedovasi illuminata. Un vivo raggio di luce trapelava dall' angusta apertura delle cortine di stoffa rossa, disegnando una striscia biancastra sull' acqua melmosa di quel pantano, che chiamammo impropriamente cortile. Unico indizio di vita in quel luogo: del resto non servitori, non staffieri o valletti, come ne' palazzi de'


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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 1)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito
1857 pagine 511

   

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