I misteri di Milano di Alessandro Sauli
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« — Bravo, Rampicone!... siete la fenice de cenciaiuoli.
« — Il signor commissario è in errore; gli uomini come me sono più comuni che la non crede.
« — A ogni modo avete fatto una buona azione.
« — Ho fatto, il mio dovere, signor commissario.
« A chi, come voi, conobbe intimamente il defunto, non riesciri nuova la franchezza e lo squisito buon senso che trapelava dalle sue .risposte. D'altra parte, come vedete, io sono al caso di riferirvi il dialogo parola per parola, poiché «mi trovavo nel gabinetto del commissario quando vi entrò Rampicone.
— Gli è'-appunto ciò che pensavo anch'io, rispose ghignandoMangiamicche.
— Teniamo dunque a quei che più preme, riprese lo sconosciuto. II commissario fe' sapere al cenciaiuolo che, se ciò che avea fatto era semplicemente un dovere, gli avea fruttato almeno quanto una buona azione. Difatti erasi promessa, fin dal giorno prima, una larga mancia di mille lire alla persona che trovasse i biglietti, da retribuirsi prontamente all'atto della consegna. ~
a Non vi dico lo sbalordimento del povero Rampicone, uè le dimostrazioni di gioia, una più pazza dell' altra, a cui si abbandonò alla presenza del commissario. E, a dirla, se mille lire non sono un tesoro, nel caso nostro, formavano una somma abbastanza ragguardevole per fargli dar volta al cervello.... Mille lire possono cacciar le vertigini nella testa più soda: figuratevi poi in» quella di Rampicone. Fatto sta che, appena uscito dall'uffizio del circondario, s'imbatte in un suo amico.... e, vederlo, saltargli al collo, e spiattellargli la gran fortuna che gli era capitata, fu la cosa la più naturale per lui, che non pensava al rischio, a cui si esponeva con questa sua confidenza.
« I danari sono fatti apposta per ispenderli e per goderli, e a Rampicone pareva mille annidi poter ricattarsi con una buona satolla del^digiuno forzato di tutta la settimana.
« Mezz'ora dopo, i due amici sedevano, uno di faccia all'altro, a una tavola della Frasca verde fuori del dazio di Porta Vercellina.
« Rampicone mangiò per quattro e bevve per otto. Entrò nel-V osteria stamattina alle dieci, e ne uscì stasera poco prima che suonasse F avemmaria. .Potete, imaginarvi in che stato tornasse a casa. Buon per lui che l'amico era in gamba e non avea fumi al cervello.
« Entrati in camera, l'amico lo spogliò e lo pose a Ietto. -
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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 1)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito 1857
pagine 511 |
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Pagina (192/568)
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