I misteri di Milano di Alessandro Sauli
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sgorgavano dalle labbra di Vittorina coli5accento fiducioso d'una preghiera, col repetio malinconico d'una rimembranza.
— Oh, ancorai... ancorai sclamò Francesco, protendendo giunte le mani in atto supplichevole verso Vittorina... Ditela un'altra volta, o signora... è la mia canzone prediletta... la canzone dell'operaio... e> udendo voi/ parmi di sentir la voce della mia Maria, allorché una sera> socchiudendo l'uscio, la vidi presso al lettuccio della Geltrude... Era una sera come questa, o signora; io non lavoravo... io non avevo un frusto di pane per sostentarla — e Maria cantava: io imprecavo alla previdenza... io cedevo ai consigli della disperazione... io patteggiavo col mio disonore... io rubavo — e Maria cantava — e fuggii... fuggii... fuggii,, perchè la sua voce mi giungeva air orecchio fioca e arrantolata come la maledizione d'una moribonda... E ora?... ora Maria è pazza... Geltrude ci fu rapita... — Ah! aht ah! bazza a chi tocca! Allora ero Fran-
• * fcesco, il poeta... ora mi chiamano'Francesco, il forzato... Se siete potente, come voi dite, o signore, fate che questi due nomi significhino
té
la stessa cosa.
E nel dir ciò il Legnaiuolo rideva... ma di quel riso secco e con-vulso,'che ne fece spesso rabbrividire, allorché passammo per la prima volta davanti alle crociere di un manicomio.
Pleyston, al quale erano addirizzale le ultime parole del forzato, fe' un passo innanzi, e tesagli per la seconda volta la mano: '
— Avete voi coraggio? gli disse. • w •
—; Come nella notte del 24 febbraio! ripetè Francesco a voce alta, e addietrando. flGionata avanzò d' un altro passo, e col braccio sempre proteso:
— Avete voi coraggio? replicò con quell'irresistibile saettar d'occhi, che cacciava lo scompiglio nell'anima del forzato.
— Coraggio per rubare! muggì cupamente il*Legnaiuolo;*e indie-
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treggiava^sempre; mentre l'altro avanzava; e cogli occhi travolti eie nari dilatate, fremeva, ansava, si contorceva come per sottrarsi alla soffocazione d'un incubo,-o al fascino angoscioso dell'occhio d'un jet-latore (i). ' * ' . • - '
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(!) Per quei pochi de'nostri lettori che ignorassero Ja significazione precisa del vocabolo iettatura il che, fra parentesi, non sarebbe una gran disgrazia — avvertiamo che presso le popolazioni delle Romagne, e specialmente ne* beati Stati del re di Napoli, intendesi per iettatura una specie di stregoneccio, che si fa appuntando fissamente gli occhi tanto sulle persone, come sulle cose.
Basta aver due pupille ben nere, mobili, scintillanti — due di quegli occhi, i quali, ogni qual volta si appiccano ai. vostri, vi obbligano ad abbassarli, come se con ciò rendeste un omaggio tacito e.involontario alla virtù magnetica, o alla superiorità morale e intellettuale che ne sfavilla; basta che da codesti occhi traluca un non so che di falso, d'equivoco, di sinistro; basta che nella casa in cui siete entrato, ima settimana, un mese, un anno dopo la vostra visita malau-
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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 2)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito 1859
pagine 492 |
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Pagina (76/525)
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