I misteri di Milano di Alessandro Sauli
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a tradurre in opera un desiderio. Così avvenne di me. Ciò nullameno, appena valicato l'Atlantico, il mio primo pensiero fu di cercare uno scopo alla vita. Il caso volle che, giunto al Capo, io m'imbarcassi per la Giamaica sur un brigantino negriero. Mi sembra d'averlo davanti agli occhi quel giovi alone di Samuele Smith, il filantropo; grasso,, tozzo e paffuto marinaio, allorché aspirando voluttuosamente una grossa presa di makuba — mentre cinquecento poveri diavoli strappati dalle braccia delle loro madri, delle loro mogli, delle loro sorelle, agonizzavano per fame, per disagio, per angoscia, stivati nel falsoponte del brigantino negriero — si affannava a provarmi che la tratta la è una missione di civiltà, e che un capitano negriero era un apostolo — niente meno. — Ecco una bella occasione, dissi tra me, di far fruttare il mio piccolo capitale. Ne parlai con Smith, proponendogli di dividere il lucro e i pericoli del suo apostolato. Il capitano accettò la profferta. Le mie cinquantamila lire, impiegate nel commercio del legno d'ebano (1), in capo a due anni di tratta, doveano quadruplicarsi. Domando io, signora, se tutto ciò non si chiama mantenere scrupolosamente le sue promesse?...
— È orribile! sclamò la Fabiani, sgomentata da quel cinismo.
— Non tanto orribile, quanto pericoloso. Quel volpone dello Smith, nel dipingermi con colori così seducenti la tratta, non mi fece motto degli incrociatori. Gl'Inglesi, Dio li danni! si divertono a dar la caccia ai traffìcatori di merce nera. La mia prima speculazione andò diabolicamente fallita. Avevamo trecento Piccoli Namachesi a bordo, prigionieri di guerra, vendutici sulla Riviera Rossa dal re de'Grandi Namachesi. Centocinquanta di costoro mi appartenevano: io potevo rivenderli, barattarli, buttarli in mare, sgozzarli. Bisognava vedermi colla mia larga casacca di tela rigala e il mio cappello di paglia a gran falde, sdrajato come un pascià sul banco di quarto della Gitana, allorché passavo in rassegna i miei centocinquanta diavoli.—Avanti Tarooì — e a quel comando un gigantesco mascalzone, col naso camuso, la fronte sfuggente, i capelli crespi e la tinta lucida e fuligginosa, usciva dalla folla e mi si accostava a capo chino, colle mani legate ai dorso, tremando. E allora io mi alzavo, lo esaminavo, ne facevo scricchiar le articolazioni per giudicare dell'elasticità delle membra; ne aprivo la bocca per osservar lo stato della dentatura, del palato, delle gengive;' ne sollevavo ed abbassavo le pupille, per accertarmi se il globo dell'occhio era limpido e puro: gli guardavo nella pianta de?piedi, os-servando attentamente se vi fossero escoriazioni, o le quasi impercet-
(l) Schiavi negrf.
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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 2)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito 1859
pagine 492 |
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Pagina (351/525)
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