I misteri di Milano di Alessandro Sauli

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      ma ho tanto, grazie al cielo, da tener gonfio per un mesetto il borsello d'un galantuomo. Dunque parliamo sul serio, e vediamo, se si può... se le vostre esigenze sono conciliabili col mio decoro, di venire a una conclusione. — Come stiamo a quattrini ?
      — Lo domando a te, Valentino: come si stava otto anni sono quando la tromba fessa di papà Colubrina non azzeccava più ne un merlotto, nò un soldo... %
      — Via, via, senza celiò — io non vi capisco, ma pure mi sforzerò... farò le viste di capirvi... Questo vostro darmi del tumi del camerata, del compare, di richiamarmi tempi e fatti che io non conosco, lo credo una burla... un capriccio... una fantasia... *
      Il pagliaccio che è già al suo quinto bicchiere di Bordeaux, intrav-vedendo a che vuol riescire il Valmarana con la sua scherma, strabuzza gli occhi, scaraventa un pugno sui tavolino e grida:
      — Corpo del diavolo! una burla?... un capriccio?... una fantasia?
      — Piano !.. piano!., senz'adirarvi... ditemi voi come l'ho a chiamare?
      — Una verità, perdio santo !
      — Bene, risponde sorridendo quella pastafrolla di don Alfonso, eh'è la compiacenza personificata — supponiamo che quanto mi dite siauna verità. Può anzi darsi che ciò che mi dite sia vero... Oh, mio Dio!
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      se ne vedono tante... e si dimenticano così facilmente!...
      Se il'Valmarana avesse avuto appena appena una tinta di filosofia fossile avrebbe potuto giovarsi con molto costrutto dell'utopia pitagorica ' intomo alla trasmigrazione. Si trattava semplicemente di provare come i si possa morir saltimbanco, e rinascere dopo otto anni papà di una virtuosa.
      Oh, la scienza! in certi casi un pochino di erudizione vale tant'oro; nel nostro poi,1 vi assicuro che non guastava.
      Sgraziatamente don Alfonso, che non conosce Pitagora,'s'ingegna di rattoppar lo sdrucio alla meglio, a furia eli supposizioni.
      — Supponiamo, egli dice, che voi mi conosciate... anzi, che io vi conosca da un pezzo...
      — Ma non te soltanto, interrompe Faina ; conosco anche... come la chiami la tua... - '
      E qui un appellativo, che noi non trascriviamo perche molto opportunamente soffocato dal rumore di una caraffa, la quale sospinta un po'alla volta, senza badarvi, dal gomito del pagliaccio, ruzzolò di peso dal tavolino, e s'infranse contro il pavimento
      — Volete dire che conoscete mia figlia... madamigella Giulia? soggiunse don Alfonso, correggendo il brusco appellativo del suo ex-camerata.
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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 2)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito
1859 pagine 492

   

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