I misteri di Milano di Alessandro Sauli

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      — Tu puoi chiamarla anche Radegonda, se ti pare; ma allora non aveva fumi la piccina, e jla si chiamava alla buona la Gelimele o la Perla, come le avea messo nome papà Colubrina, che di nomi se ne intende meglio di te, vecchio scimmione. »
      — Alla buon' ora 1 Giulia o Geltrude, poco importa... non sono già l'uomo da soffisticare su una parola. Però... ecco: alle volte si danno delle somiglianze... ed io sono certo... cioè, credo che v' inganniaté su quanto voi dite in proposito di mia figlia. Vediamo di chiarire un po' meglio i fatti, se è possibile. La vostra Geltrude era... che cos'era la vostra Geltrude?...
      — La mia Geltrude la era una cenciosa, come lo sono io... e come lo eri tu, Bertuccia, prima che la lingua di Zurigo ti facesse rinnegare il tuo fratello Faina, che ti ama, e che vuol provartelo, se occorre. Noi le volevamo un bene dell'anima alla piccina, noi — perchè la sapeva fare col suo bocchino ridente e roseo come una fragola primaticcia, le sue canzoncine, le sue capriole e le sue smorfiette... e la faceva tanto bene che quando andava attorno per squattrinare, i caran-tani fioccavano da tutte le parti nel suo tamburello. Le arti d'infinocchiare il pubblico le conosceva sin d'jallora, la^ sgualdrinella. Imagina adesso tu se ci dovette scottare in sul vivo quando un bel giorno", cerca, cerca la piccina —la piccina se l'era svignata di nottetempo, e con lei quel cattivo mobile di Valentino. Ma sii un po' ragionevole se lo puoi: si trattano forse così i vecchi amici? Papà Colubrina, dopo averti mandato dietro le bestemmie a carra, ne ammalò di disperazione. In quanto a me, che ti volevo bene come a fratello, giurai che, se mi cascavi tra le unghie, ti cavavo il cuore alla bella prima. E anche adesso, vedi, soltanto al pensarvi, non so chi mi tenga...
      E dicendo questo, brandisce il coltello da tavola minacciando il compagno.
      Don Alfonso fa un movimento come per alzarsi; ma Faina, che in
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      fondo è un buon diavolo, e ama più il vino che il sangue, getta il coltello per afferrare il bicchiere, soggiungendo in tuono più mite:
      — Puoi ringraziare la tua lingua di Zurigo se non ti ho sventrato. '
      E vuotato il suo undecimo bicchiere in quattro sorsate ,• facendoscoppiettare due o tre volte la lingua che gli s'incomincia a incollare appaiato, riprende:
      — Veniamone a una : la Geltrude non era tua figlia. A quanto io mi sappia, di moglie tu non ne avesti mai altra che la mezzina ch'è la figliuola primogenita della brenta. La piccina quindi, che tu ci grattasti, era tua come mia... era di tutti — apparteneva alla Compagnia.
      Le toppe che tu mi vedi al sajo e ai calzoni ti dicano per me in quali
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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 2)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito
1859 pagine 492

   

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