I misteri di Milano di Alessandro Sauli

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      -(488)-.
      sa che il conte respinse con indignazione la proposta. Ora, nè il commissario perdette la speranza di attrappare i ladri, nè il conte intese a sordo ravviso.
      La notte in cui ebbe luogo il furto, il Fabiani, rassicurata prima Vittorina sul pericolo del marito Luciano, restò solo a vegliar al buio nel suo gabinetto.
      Mangiamicche, giunto al davanzale della finestra, tagliò con un diamante il vetro, introdusse il braccio nella rottura, fece girare, senza farla stridere, la spagnoletta, e ténendo lo stiletto traudenti, appoggiò i gomiti sul davanzale,-e con uno sforzo prodigioso, accavalcò la finestra e balzò a piedi nudi sul soffice tappeto del salotto.
      Il conte nascosto, vide il Mangiamicche, il quale attenendosi alla topografia statagli data dell'appartamento, entrò nello studio, e guidato da un raggio lunare che si projettava dalla finestra sul pavimento, andò diritto al colossale scrigno del conte, artisticamente lavorato in ferro, e dato mano ai grimaldelli sforzossi di farne saltare la serratura.
      Ma sul più bello di quel suo industriarsi, compressa dal grimaldello, scattò una molla, e in virtù d'un interno congegno, due spranghe ritorte in cerchio, come due braccia di ferro, guizzarono dallo scrigno e avvinghiarono stretto alla vita il mal capitato.
      i Serrato, soffocato dalla molla di ferro, caddero di mano al Mangiar miccheA grimaldelli. Al tempo stesso gli si affacciò il conte, col calmo e agghiacciato contegno che gli conosciamo.
      Lasciamo alla immaginazione del lettore di compire la scena. Mangia-micche è dinanzi al suo giudice. — In questa vien bussato all'uscio. Era il commissario, che alla insaputa del conte, faceva la posta al ladro-. Allora il Lampionaio si vide spacciato.
      Il conte, che voleva giovarsi di quest'uomo per certo suo disegno,
      fece scattare una seconda molla, e tosto le braccia di ferro rientrarono
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      nello scrigno; Mangiamicche era libero; il conte lo fece nascondere dietro un paravento, e andò ad aprire al commissario. Il conte chiestogli che volesse, si mostrò sorpreso che si venisse ad arrestare un ladro nel suo studio,' senza eh' egli si fosse accorto della sua presenza ; e dichiarato ,in termini secchi ed alteri al poliziotto che egli non avrebbe sofferto ulteriori vessazioni dalla polizia, accommiatò freddamente il commissario.
      « Il conte che oramai sapeva di poter contare sulla gratitudine del capitano dei Lampionai, gli dimostrò tutto il pericolo e la bruttezza della sua situazione. Mangiamicche che non vedeva l'ora di togliersi di là, cominciò a svelare al conte le fila della vasta associazione, a cui i Lampionai servivano come passivi istromenti delle loro opere tenebrose.
      »


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I misteri di Milano
Storia contemporanea (Volume 2)
di Alessandro Sauli
Libreria Francesco Sanvito
1859 pagine 492

   

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