Storia di Milano di Pietro Verri

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      CAPO SECONDO bQac Confratris nostri devotum atque in omnibus fide-Kssimum permanere, atque decertare omnino et evidenter comperimus (i); dal che si conosce che tutto pacificamente finì col sommo Pontefice, e si conosce pure non solamente quanto a ragione nell'epitaffio si applichi all'arcivescovo Ansperto l'oraziano propositique tenax, ma altresì la riforma che quell'Arcivescovo introdusse per restituire all'antica gloria, stato e vigore la Chiesa di Milano. Tale era quel grand' uomo, alla memoria di cui dobbiamo la più rispettosa gratitudine. Egli approfittò della debolezza dei sovrani per agir da sovrano benefico e ristoratore della sua patria; rianimò il coraggio de' Milanesi; rese sicuro il soggiorno della città col restituirvi le antiche mura; ristorò le chiese; fondò degli spedali; onde per tai mezzi invitata, cominciò parte della popolazione che stava diradata nelle terre a domiciliarsi nella città, che da tre secoli e mezzo era abbandonata: e da quell'epoca ricominciò Milano a prendere nuova esistenza. Questa esistenza però l'andò acquistando per gradi lenti, siccome vedremo, e non vi volle meno di due altri secoli ancora, prima che Milano giugnesse a riacquistare sulla Lombardia la vera influenza d' una città capitale; perlochè la strage di Uraja lasciò la depressione per più di cinquecento anni, siccome ho già detto, sulla patria nostra. I nomi di Uraja e di Ansperto meritano di essere più conosciuti in avvenire dai Milanesi, di quello che sinora lo sono stati.
      («) Il conte Giulini, (omo I, pag. 419*


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Storia di Milano
Tomo Primo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani
1824 pagine 585

   

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