Storia di Milano di Pietro Verri
i 14 storia di milanoceto di quelli che sono destinati alla passiva obbedienza. La loro persona deve comparire ai popolo sacra e veneranda; ma conviene che ciascuno ottimate , al deporre che fa la toga e la pubblica persona, diventi popolare; e così la plebe ama i padroni, e riceve come un benefìcio que' momenti ne' quali discendono con lei i magnati. Niente di questo era vi nella informe costituzione nascente di Milano. L' autorità de' magnati non aveva l'augusto appoggio delle leggi, e il loro costume violento e duro insultava il popolo, e lo indisponeva ad obbedire ad un1 autorità incautamente adoperata. Morto appena il grande Ariberto, si rinnovarono i partiti, e cominciò la plebe a pretendere di avere essa pure influenza nell' e-lezione dell'arcivescovo, dignità diventata assai più politica che spirituale (i). Non fu possibile di terminare la controversia fra di noi ; 1' ostinazione era insuperabile, e quindi fu risoluto di ricorrere al re Enrico, e lasciare a lui la nomina del nuovo arcivescovo. Vennero adunque presentati al Re i nomi di quattro cardinali della santa Chiesa Milanese, acciocché ne facesse la scelta. Ma il Re profittò dell'occasione, e nominò arcivescovo certo Guidone, Milanese bensì, ma uomo ignobile, e conseguentemente che non era del ceto de' cardinali ordinar]; e così collocò sull'importante sede metropolitana una sua creatura, interamente da lui dipendente; si affezionò il partito de7 plebei, abbassò i magnati, e si aprì la strada per essere più padrone del regno d' Italia, che non potè esserlo il di lui padre Corrado. Vi volle tutta l'astuzia di Guidone, tutto il timore che si aveva del re Enrico, e molto denaro per ottenere che
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(i) Il colile Giulini, lomo III, pag. 411*
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Storia di Milano
Tomo Primo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1824
pagine 585 |
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Pagina (132/609)
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