Storia di Milano di Pietro Verri
capo decimoterzo 44^nemico; ovvero clie Barnabò non aveva il talento di comandare la gente d'onore e sensibile alla gloria , la quale si aliena anzi , trattata colle minacce e con viltà. Sempre in quella spedizione Barnabò fu battuto.
Se riguardiamo adunque Barnabò Visconti come principe e signore potente, dobbiamo confessare che egli non meritò stima alcuna; poiché la porzione sulla quale ei regnò venne diminuita colla perdita di Bologna, delle terre del Bolognese, della Romagna e del Modanese, eh' egli aveva ereditate dall'arcivescovo Giovanni. Egli con puerili e feroci insulti animò i suoi nemici, e non ebbe forze per difendersi abbastanza. Osserviamolo come legislatore del suo popolo, e conservatore della felicità pubblica. Egli lasciò che la pestilenza desolasse Milano nel i36i, quella pestilenza alla quale ho attribuita la partenza del Petrarca; se pure anche l'indole del governo non forzò del pari quell'uomo illuminato a tal partito. Quella sciagura distrusse più di settanta mila abitatori di Milanp, e fece nelle terre ancora strage molto maggiore. Dopo sì gran flagello, mentre Barnabò stava alla guerra nel Modanese, alcune compagnie d'uomini facinorosi devastavano la città tormentata dalle violenze, dalle rapine e da ogni genere di dissolutezza. Ritornato Barnabò, per rimediare a simil disordine pubblicò un editto, in cui proibì che alcuno in Milano non potesse andar di notte per le strade, sotto pena del taglio d'un piede. Tanto ci attesta l'Àzario, che allora viveva (i). Un ammalato di notte non poteva più avere soccorso in virtù di tal legge feroce. Barnabò lasciò soffrireai suoi popoli la carestia negli anni 1364 e J365,
(i) Azario, pag. 282.
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Storia di Milano
Tomo Primo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1824
pagine 585 |
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Pagina (465/609)
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