Storia di Milano di Pietro Verri
CAPO DECIMOQUARTO 491
tates hujusmodi mendaciter simulane, cum etiam prò parva pccuniarum summula, non poenitentes sed mala conscientia saiagentes iniquitati suae quod-ciani mentitae absolutionis velamen practendere, ab atrocibus delictis nulla vera contritione : nullaque debita praecedenti forma (ut verbis illorum utamur) absolvant , male ablata certa, et incerta, et nulla satisfactione praevia (quod omnibus saeculis ah-surdissimum est) remittant (i). V'erano dunque pur troppo i comodissimi dottori che per carpire denaro addormentavano gli uomini nel delitto; e non è difficile che questi venissero adoperati per innalzare il Duomo, nel quale il Duca pensò di lasciare ai secoli un monumento eterno della sua grandezza. Da tali fatti si può concludere che allora non v'era idea di eloquenza* non si studiava la storia; cattivo era il gusto di architettura, e poco dissimile quello della mensa ^ e quel che è peggio di tutto ciò, correva una morale infame , per cui si credeva col denaro di cancellare qualunque iniquità , senza bisogno alcuno di pensare a diventare migliori. I lodatori dei tempi antichi, torno ancora a ripeterlo, non sanno la storia.
La vendita che aveva fatta F imperator Vence-slao di tutto il regno longobardo, ossia italico, al nuovo Duca, mosse i principi della Germania a formare un partito per deporre quel sovrano dal trono Augusto, dal quale aveva staccata una parte così importante. Altri motivi di doglianza avevano ancora contro di lui. Quindi dichiararono imperatore Roberto conte Palatino di Baviera, e Vence-slao deposto; il che avvenne l'anno Il Pa-140
pa, i Veneziani ed i Fiorentini animarono il nuovo Cesare a comparire nella Italia, per rivendicare le
(1) Rainald. ad nnn. i5go, nuin. I.
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Storia di Milano
Tomo Primo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1824
pagine 585 |
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Pagina (511/609)
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