Storia di Milano di Pietro Verri

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      capo decniosesto 5
      pubblica col maggiore effetto per la pubblica salvezza. Ma come sperare che si accozzasse un collegio di eroi casualmente in una città oppressa da una serie di sei pessimi sovrani! Mancava a questo corpo, resosi sovrano, e la opinione di chi doveva ubbidire, e la coesione delle parti di lui medesimo* nè era riserbato nemmeno ai più accorti il prevedere la poca solidità e durata di un tal sistema manifestamente vacillante. Già nel capo antecedente nominai i fautori principali del governo repubblicano, cioè Innocenzo Gotta, Teodoro Bossi, Giorgio Lampugnano, Antonio Tri-vulzi e Bartolommeo Morene. Non era probabile che le altre città della Lombardia superassero il ribrezzo di farsi suddite d'una città metropoli governata a caso e senza una costituzione politica. In fatti due sole città, cioè Alessandria e Novara, si dichiararono di voler essere fedeli a Milano 3 le altre o progettarono di voler governarsi a modo di repubblica indipendente, o posero in deliberazione a qual principe sarebbe stato meglio di offerirsi. In Pavia sola vi erano ben sette partiti ; gli uni volevano Carlo re di Francia; altri Luigi il Delfino; altri il Duca di Savuja; altri Giovanni marchese di Monferrato; altri Lionello marchese di Ferrara; altri i Veneziani; altri il conte di Cremona Francesco Sforza. Il Corio, che ciò racconta, non fa menzione delT ottavo partito,* che sarebbe stato quello di reggersi da se e collegarsi in una confederazione di città libere, 0 meglio ancora unirsi in una sola massa e formare un governo comune. è ciò pure terminava la serie de' mali del sistema. I banditi ritornavano alle città loro, occupavano i loro antichi beni già venduti dal fisco ducale, e ne spogliavano gl'innocenti possessori. La rapina era dilatata per modo, che


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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani
1835 pagine 503

   

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