Storia di Milano di Pietro Verri
11 storia di milanoereditati Milanesi quegli che non si stancava di tenere animata la plebe contro del Conte, rammentando i mali sofferti sotto i duchi, le gravezze imposte dai principi, le violenze esercitate da' cortigiani e favoriti. Ricordava la demolizione dei castello di Milano, come un motivo per cui il Conte avrebbe esercitata la vendetta su quanti v' ebbero parte: anzi come una cagione di nuovi aggravj, obbligandoci a riedificarlo con dispendio e scorno, ponendoci in bocca il freno, dopo che ci avesse fatti sudare nella fucina a formarlo. Proponeva il Conte l'impresa di Brescia, la quale dopo un tal fatto era senza difesa, e così ripigliare ai Veneti quella parte del ducato che s'e-rano presa; ma non lo vollero i capitani e difensori della libertà. Tutte le proposizioni dello Sforza erano contraddette; i soccorsi d'ogni specie ritardati; le militari disposizioni attraversate. Il Piccinini primeggiava. Carlo Gonzaga aveva in Milano un poderoso partito, ed adocchiava il trono. Con Giorgio Lampugnano e Teodoro Bosso, primarj fautori della libertà, si univa Vitaliano Borromeo signore di somma significazione, perchè oltre la grandiosa opulenza del casato, possedeva in dominio quasi tutte le fortezze del Lago Maggiore. Questi tre rivali partiti si univano contro l'imminente fortuna del Conte, il quale posto in tale condizione ascoltò le proposizioni della Repubblica Veneta, e segretamente stipulò un trattato per cui egli si obbligò a restituire non solamente quel che aveva invaso nel Bresciano e Bergamasco ? ma Crema e il suo contado ai Veneziani, e che i Veneziani in compenso, affine di ottenere al Conte il dominio di tutte le altre città che aveva possedute Filippo Maria, gli avrebbero stipendiati quattro mila cavalli e due mila fanti, sborsando-
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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1835
pagine 503 |
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Pagina (28/516)
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