Storia di Milano di Pietro Verri
capo decimosesto 23
gli tredici mila fiorini d'oro al mese sin tanto eh1 egli non si fosse impadronito di Milano. Poiché il trattato fu concluso, il Conte lo pubblicò nel suo esercito. Sì tosto che i Milanesi ebbero notizia di tale accordo concluso fra il conte Sforza e i Veneziani, spedirono al di lui campo alcuni primarj cittadini, cercando con modi rispettosi di giustificare le cose passate, anzi offrendo ogni soddisfazione, salva sempre la Repubblica. Ma il Conte aveva già presa palesemente la sua determinazione; e senza mistero espose ad essi le ragioni eh' egli asseriva competere e a Bianca Maria di lui moglie, e a sè medesimo, e a' figli suoi, per la successione nel dominio di Filippo Maria suo suocero : sè essere determinato a farle valere ad ogni costo. Che se i Milanesi, deposta la chimerica pretensione d'erigersi in repubblica, di buon grado riconoscevano lui per sovrano, egli avrebbe avuta cura della salvezza e felicità di ciascuno; che se all'incontro si fossero ostinati a sostenere una illusione di libertà che in sostanza era una rovinosa oligarchia, doveano attribuire a loro stessi i mali che avrebbero sofferti, obbligandolo, suo malgrado, ad usare contro di essi la forza. Furono con tal risposta congedati i legati Giacomo Cusano, Giorgio Lampugnano e Pietro Cotta; e mentre con tristezza s'incamminavano a recare questo poco favorevole riscontro alla loro patria, vennero dileggiati non solo, ma insultati e svaligiati dalla licenza militare di alcuni soldati Sforzeschi. Intese ciò con isdegno il Conte, e prontamente rintracciati i malvagi soldati, convinti del delitto, immantinente furono impiccati; la roba al momento venne spedita ai legati, ai quali di più aggiunse il Conte altri regali per riparare quanto poteva il danno sofferto da essi. La nobile generosità del conte Francesco sorprese i legati.
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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1835
pagine 503 |
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Pagina (29/516)
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