Storia di Milano di Pietro Verri
capo decimosesto 3lgiacche la maggior parte del ducato e la capitale medesima venivagli sottratta, e se gli assegnava una sovranità di tante membra quasi staccate, estesa per lungo spazio, difficile a custodire. Si rivolse egli adunque ad accomodarsi col Duca di Savoja, e colla cessione di alcune terre sull'Ales-sandrino e sul Novarese si assicuro da quella parte. Indi rivolgendosi ài Milanesi e Veneti, si pose a disputare con essi il ducato di Milano. Io non entrerò a descrivere i fatti d'arme; inutile materia per uno storico, a cui preme di conoscere lo spirito dei tempi, l'indole degli uomini, io stato della società, e non di stendere i materiali per una tattica di poco profitto, atteso il cambiamento accaduto nella maniera di guerreggiare: basta dire che il conte Sforza in ogni parte si presentò abilissimo generale nel postare il suo campo, nel prevenire il nemico, nelle marce giudiziosamente condotte, nel cogliere il momento per attaccare, nel dirigere la battaglia, nel provvedere di tutto l'armata propria e impedire la sussistenza ai nemico, nei conservare la militar disciplina, risparmiare quanto era possibile la miseria de'popoli, e nei tempo stesso conservarsi l'amore de' soldati, che giu-gneva sino all' entusiasmo. Con tai superiori ta- «449 lenti, con virtù tale ei circondò sì bene la città di Milano, che in breve tempo si manifestò lo squallore della carestia. Egli non volle spargere il sangue de' cittadini, ne diroccare con macchine Milano, ma costringerla per la fame a darsi a lui. Iu somma egli concepì quel progetto medesimo sopra Milano, che il grande Enrico IV fece poi con Parigi; e molta somiglianza troverebbesi fra l'uno e l'altro di questi grandi uomini, se venissero al paragone. Le traversie che l'uno e l'altro dovettero soffrire ne' primi anni; i pericoli
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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1835
pagine 503 |
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Pagina (37/516)
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