Storia di Milano di Pietro Verri
capo declìiottavo 7 ia tale di farlo mutilare. Un contadino che aveva ucciso un lepre contro il divieto della caccia, venne costretto ad inghiottirlo crudo colla pelle, onde miseramente morì. Travaglino barbiere del Duca soffrì quattro tratti di corda per di lui comando, e dopo continuò quel principe a farsi radere dal medesimo. Egli avea un orrendo piacere rimirando ne' sepolcri i cadaveri. Univa a tutte queste atrocità una sfrenata libidine, anzi una professione palese di scostumatezza, costringendo a prostituirsi anco a' suoi favoriti quelle che cedevano alle brame di lui. Àvidissimo di smungere danaro dai sudditi , gli opprimeva colle gabelle, non mai bastanti alle profusioni del di lui fasto. Oltre la splendidissima sua corte, teneva il duca Galeazzo Maria duemila lance e quattromila fanti stabilmente ai di lui soldo. Il Corio dice eh5 egli amasse gli uomini probi e colti, e fosse sensibile alle belle arti: io non trovo che tali inclinazioni sieno combinabili colle antecedenti, e sicuramente nessun vestigio ci è rimasto del suo regno. Egli fu ben diverso dal buon Francesco di lui padre. I fratelli Baggi, Pusterla e Del Maino aveano ucciso Govanni Maria Visconti duca di Milano in San Gottardo, e vennero applauditi. Il destino del Lampugnano e dell'Olgiato fu opposto. Credo che la gloria del duca Francesco , la prudenza della duchessa Bianca Maria, P eccesso del fasto di Galeazzo, e la memoria delle miserie sofferte nell'interregno della Repubblica, sieno state le cagioni della diversità. Sì l'uno che l'altro attentato furono commessi nella chiesa; come nella chiesa, anzi nel più sacro momento del Rito, un anno dopo a Firenze Giuliano de' Medici ebbe il medesimo destino.
Il merito principale nell'aver conservata la città
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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani 1835
pagine 503 |
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Pagina (77/516)
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