Storia di Milano di Pietro Verri

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      254 storia di milanomenti palesare. Carlo V non ebbe torto diffidando del Pescara. Chi non abbonisce l'usare siffatti modi indegni e villani, mostra di essere facile a mancar di fede. Congedatosi quindi il Morone dal Pescara, mentre salutava il Leyva nell' anticamera per ritornarsene a Milano, questi gli disse in ispa-gnuolo : Venite seco noi a casa ; ed il Morone ringraziandolo, e seguendo le mosse, Antonio de Leyva ripigliò: Voi ci verrete, essendo prigioniero dell' Imperatore. Così mancò la fede del salvocon-dotto, conchiude il Grumello. A tal nuova, che eccitò una sorpresa universale ne' Milanesi, il duca Francesco Sforza spedì a Novara Jacopo Filippo Sacco Alessandrino celebre giureconsulto, ed eletto dappoi presidente del senato, per ottenere la libertà del suo gran-cancelliere, eh' egli dichiarava innocente verso l'Imperatore j ma il Marchese di Pescara fieramente rispose che Morone era reo, e reo lo era non meno di lui Francesco Sforza. Datosi principio agli esami, nei quali lo storico Sepulveda dice che per via di tormenti si venne in chiaro di ogni disegno de' congiurati (i), e po* scia da Novara tradotto il Morone a Pavia, quivi in presenza del Pescara e del Leyva furono compiti i processi; la risultanza de' quali fu, che il Morone fosse condannato a perdere la testa. Degna in vero è da leggersi la forte e solidissima apologia che pubblicò il Morone per sua discolpa. In vista della quale per avventura il Marchese di Pescara nel dicembre del i525 venuto a morte
      in età di 36 anni, ordinò nel suo testamento all'erede Marchese del Vasto, che intercedesse presso Carlo V per la liberazione del Morone. Ma il
      (i) Inientaiis toimentis Conjuratorum Consilia plenius ci apcr-tius indicata. Sepulveda, pag. 182.


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Storia di Milano
Tomo Secondo
di Pietro Verri
Società Tipogr. de' Classici Italiani
1835 pagine 503

   

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