Storia di Roma di Ettore Pais
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CAPITOLO I. - PROLEGOMENI, FONTI ETC.
prontato alla dottrina, clie più consentanea allo spirito nazionale, doveva più tardi formare l'orgoglio della gente romana e che la posterità, avendo in vista orizzonti storici troppo angusti, per troppo tempo ha giudicato elaborazione di una sola gente ed indole. Anche rispetto alla storiografia romana questo fecondo intreccio di uomini e di dottrine non fu, come dicemmo, senza importanza. Quella stessa efficacia che le dottrine inorali esercitarono sull'animo di un Lelio, di un Elio Tuberone, di Q. Muoio Scevola, del poeta Lucilio, (') le storiche e politiche l'ebbero sulla concezione che della storia si fecero ad es. Sempronio Asellione e Fannio. Sempronio, come dicemmo, cercava di scrivere una storia prammatica proprio nel senso di Polibio, e l'annalista Fannio, lo scolare di Panezio, applicandosi alla storia vi portava, come Rutilio, quelle vedute che da Q. Elio Tuberone dovette pure ereditare l'annalista L. Elio (*) e che contribuirono a dare uno speciale colorito stoico alla storia più o meno autentica degli antichissimi personaggi della repubblica romana. Che se il frutto della dottrina greca rispetto alla filosofia si trasformò in trattazione di diritto e di casistica e dal lato storico non dette vita che a poche opere letterarie, le quali nel fatto non riuscirono ad emergere, la ragione non va cercata solo nelle condizioni rudimentali dello spirito scientifico romano, ma anche nell'indole della storiografia greca dell'età alessandrina.
Lo spirito greco era tutt'altro che esaurito dal lato dello sviluppo scientifico, ma da quello storico-letterario la decadenza era invece più che manifesta. Si produceva un fenomeno analogo a quello del finire del Rinascimento italiano, in cui le lettere andavano man mano cedendo il posto agli allievi della scuola di Galileo, agli scrittori dell'Accademia del Cimento. La storia in quanto era concezione politica e sopratutto si occupava della narrazione dei fatti
(') Scfimeckel, OJJ. cit. p. 439 Sgg.
(•*; Sull'annalista L. Elio da non distinguersi da Q. Elio v. Soltau ne\V Hermes, ¦1S94), p. 631 sgg. La descrizione della nobile parsimonia e povertà dei Romani più antichi non doveva essere trascurata nelle storie ili Elio, dacché ciò era un vanto ed anche una tradizionale afl'ettazione di questa famiglia, v. ad es. Val. Max. IV, 4, 8. Plut. Paul. Acm. 28.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (81/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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