Storia di Roma di Ettore Pais
LIVIO E L'ANTICA STORIA ROMANA.
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tori romani da Catone a Varrone, non fa clic un lavoro di selezione empirica fra i diversi annalisti, senza procedere sistematicamente per proprio conto ad una vera e propria indagine.
Si direbbe clic Livio ammetta, in massima, come criterio fondamentale l'autorità degli annalisti più antichi. E nel fatto qualche volta ad essi si riferisce. (') Ma la scarsità di tali citazioni, non meno dell'uso che fa di questo canone, mostra come egli non abbia mai attinto direttamente, o per lo meno di continuo, agli scrittori più antichi. (•) La ragione di ciò diventa interamente chiara quando si esamini nel complesso tutto ciò che Livio ci ha lasciato. I dieci libri che Livio dedica ai primi qnattrocentosessantun'anni della storia di Roma non sono che una piccola introduzione dei centocinquanta e più, destinati a narrare con immensa diffusione la storia moderna e contemporanea. Livio non prendeva interesse a stabilire la sicura conoscenza dei tempi più antichi, ed era addirittura persuaso della poca probabilità di poter risolvere questioni che si riferissero a tempi cosi remoti. (3) Egli si rassegna quindi ad ignorare quale fra
(') Ad es. II, 18, 5, " apud veterrimos auctores r; 40, 10, B Fabiutn longe alitiquissiniuin auctorem ,111, 27, 7, " apud vetustiores auctores „ cfr. IV, 7, 10; VII, 9, 5, Vili, 30, 7.
(¦) Così ad es. IV, 23, dopo aver accennato a divergenza dei fasti e di aver detto " uenter (cioè Licinio Macro ed Elio Tuberone) tribnnos militimi eo anno fuisse traili tu in ab scriptoribus antiquis dissimulai Licinio libros haud dubie sequi linteos placuit, Tubero incertus veri est Ci attenderemo che Livio facesse valere il suo preteso canone accettando le autorità più vetuste. Invece se la cava con la abituale e non critica dichiarazione: u sed inter cetera vetustate cooperta hoc quoque in incerto positum „. Così altrove si riferisce più al numero che alla bontà delle fonti VI. 42.
(*) Ciò risulta nel modo il piii chiaro da ciò che dice al principio del 1. VJ, 1, dopo aver narrato l'incendio gallico: " res cum vetustate ni mia obscuras velut quae magno ex intervallo loci vix cernuntur, tum quod parvae et rarae per eadem tempora litterae fuere, una custodia fidelis memoriae rerum gestarum et quod, etiam si quae in commentariis pontitìcum aliisque publicis privatisque erant monumentis, incensa urbe pleraeqne interiere „ come dalla non meno bella dichiarazione sulla falsità delle memorie domestiche Vili, 40 * vitiatam memo-riam funebribus Iaudibus reor falsisque imagiuum titulis, dnm familiae ad se quaeqne fa ni a ili rerum gestarum houorumque fallenti mendacio trahnnt. inde certe et singuloruni gesta et publica monumenta rerum confusa, nec quisquam aequa-lis temporibus illis scriptor extat, quo satis certo auctore stetnr „. Cfr. IV, 16, dove porge un raro esempio di buona critica.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (108/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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