Storia di Roma di Ettore Pais
ORIGINE DELLE DUPLICAZIONI DELLA STORIA ROMANA. 119
Manlio e che uno Scipione distrugga quella Cartagine che un altro Scipione aveva per il primo umiliata. (l)
Da tutto ciò chiaramente emerge che nel corso della sincera ed autentica storia romana si riprodussero fatti fra loro analoghi e molto somiglianti, alla stessa maniera che anche altrove, a grande distanza di tempo e di luogo, si ripeterono fenomeni uguali. E storico che Clearco, il tiranno di Eraclea, deliberò, come Nerone, di fare affogare in una nave la madre, (*) che un uguale contegno tennero queirIbero che uccise il genero di Amilcare e quell'altro Ibero che tolse la vita al proconsole Pisone. (J) Acilio, il valoroso soldato di Cesare, perde la mano allo stesso modo del fratello di Eschilo, mentre tentava trattenere una nave nemica. (4) Ma in tutti codesti casi si tratta di fatti appartenenti ad età storiche, riferiti generalmente da scrittori contemporanei. La massima parte invece delle duplicazioni romane di cui qui ci occupiamo, eccetto quelle amplificazioni che sono frutto di tarda tendenza retorica, anche per il fatto in se stesso concepito nei termini più brevi, si riferiscono a tempi vetusti in cui mancava la storiografia ufficiale e privata. Un Valerio dell'ultimo secolo della repubblica poteva bensì imitare il contegno di un antenato del IV secolo a. C., e nulla osta acchè sia credibile in parte ciò che è riferito per quest'ultimo. Ma nessuna seria prova sta a garanzia di un fatto che si attribuiva ai secoli VII
(l) L'esortazione clie il console AI. Manlio nella battaglia contro i Galli dell'Asia fa ai suoi soldati come discendente di Manlio Capitolino, anziché da libera invenzione di Livio deriva probabilmente da un'orazione che questi ebbe sotto occhio, v. Liv. XXXVIII, 17, 9, la quale nella sostanza conteneva indicazioni storiche. Così non ò una semplice invenzione letteraria il vanto del pletore L. Furio (200 a. C.) " data fato etiam qnodain Furiae genti Gallica bella „ Liv. XXXI, 4S, 12. Si confronti anche il passo di Livio, VII, 10, 2, che esprimendo un concetto, che aveva fondamento nella pubblica coscienza fa ricordare al Manlio del 361 a. C. di essere " ex ea familia ortnm quae Gallorom agmen ex rupe Tarpeia deiecit „. Il principio del pubblico patronato romano, che dura per generazioni e generazioni nelle stesse famiglie parte dallo stesso concetto.
(*) Memn. in M. FHG. Ili, p. 531, c. 5.
(») Tac. unti. IV, 45; cfr. Liv. XXI, 2, 6.
(*) Il confronto è già fatto da Valerio Massimo, III, 2, 22; cfr. IIkkod. VI, 114. Esempi simili si potrebbero, volendo, moltiplicare, anche rispetto alla storia moderna.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (142/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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