Storia di Roma di Ettore Pais
ESAME DELLA LEGGENDA DEL RATTO DELLE SABINE. 2G9
l iti, ò una figura parallela di Remo, elio al pari di lui venne nominato accanto a Romolo per designare la legittimità ed antichità del duplice governo della libera repubblica, ed esprime l'esistenza di un elemento sabino nel popolo Romano. (') Uno storico illustre, il Mommsen, tenendo anche conto della notizia che i Sabini di Tazio sarebbero stati accolti a far parte dello stato romano senza diritto di suffragio, spiegò questa leggenda per mezzo della conquista della intera Sabina, che nel 294 a. C. venne aggiunta con tale condizione giuridica allo stato Romano; altri invece pensò che l'antica leggenda significhi piuttosto l'alleanza fra i Sanniti ed i Romani. (?) Può darsi che l'alleanza con i Sanniti, ovvero la posteriore annessione della Sabina abbia contribuito a formulare od a fissare qualche elemento del racconto. Certo dalla conquista della Sabina parrebbe derivata la notizia che i Sabini vennero accolti nella cittadinanza senza avere il diritto di suffragio. (3) Ma è anche evidente che una tale affermazione è contraria al complesso di tutte le tradizioni concordi che fanno capo ad Ennio, le quali ai Sabini attribuivano pieni diritti civili, incorporandoli nelle curie, nel senato, nell'esercito. (4)
La leggenda del resto presuppone la fusione di diversi elementi, e di questi il più perspicuo ò quello che si riferisce alla cerimonia delle nozze romane, ciò che venne più volte riconosciuto e spiegato dai più autorevoli storici di Roma. (5) Nessuno infatti ignora come presso gli antichi popoli classici, ovvero quelli che vivono allo stato di natura o che hanno raggiunto un grado intermedio di
(') Il concetto delle collegialità che il Mommsen ha trovato, v. s. p. 214, nelle leggende di Romolo e di Remo ò espresso anche per Romolo e Tazio in un discorso che Livio, XL, 46, 9, fa pronunciare da Cecilio Metello. Che Tazio sia un concetto analogo a Remo aveva visto anche lo Schwegler.
(•') Mommsen nell'Hermes, 21 (1386), p. 570 sgg.
O Serv. ad Aen. VII, 709 " nani post Sabiaarum raptum et factum inter Romulum et Titum Tati uni foedus, recepti in urbem Sabini sunt, sed hac lege ut in omnibus essent cives Romani, excepta sulTragii latione; nani magistratus non creabant „.
(*) La tradizione più antica su ciò nou lascia dubbio, v. Enn. apd Varr. d. I. L. V, 55. Cic. d. r.p. II, 7,13. Liv. 1,13. Dion. Hal. II, 47. Plut. Rom. 20. Afp. reg. fr. 4.
(5) Fra i molti che hanno riconosciuto questo fatto mi basti citare, a titolo di esempio il nostro Vico; fra i moderni v. ad es. lo Scqweglbr, I, 468 sgg.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (292/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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