Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. III. - I SETTE IiE DI ROMA.
      poi evidente noti essere estraneo alla formazione della leggenda ed al racconto dei giuochi solenni istituiti da Romolo, la circostanza che l'ara di Conso e il tempietto di Venere Murcia si trovavano l'una dentro l'altro proprio accanto al Circo Massimo.
      Per analoghe ragioni si finse che Romolo avesse trionfato dei Ceninensi alle calende di Marzo. In questo giorno cadeva infatti la festa della Matronalia, che da taluni veniva connessa con avvenimenti posteriori, ma che da altri era collegata con Conso e con il ratto delle donne di Cenina, di Antonine, di Crustumerio. (') 11 B foedus Sabimini, „ si riferiva a patti nuziali. Romolo 11011 soltanto avrebbe onorato le trenta oratrici di pace con il chiamare dal lofr) nome le curie, ma avrebbe stabilito che le donne sabine dovessero solo attendere al lanificio; esse sarebbero state esonerate dalle più modeste occupazioni del preparare il pane e gli altri cibi.(-) Chi ciò asseriva aveva in mente tempi meno rozzi nei quali le matrone romane non attendevano più a quei servigi che, nell'antichità come tuttora presso le famiglie meno agiate ed i popoli meno raffinati, costituiscono una delle precipue cure delle madri di famiglia. La leggenda pare aver presente un patto fissato fra i Romani e genti vicine nell'atto che si concedevano reciprocamente 1' " ius connubii „ o * l'epigamia „ e con cui assicuravano la felicità alle figlie che recavansi a marito fuori di patria. Dionisio
      «Ielle donne rapite, cfr. Plut. Rom. 21; Ovid. fast. Ili, 19S sqq. Su ciò cfr. anche Tert. de spect. 5 (Suet. rei. lleiff. p. 333).
      L'epiteto di Venere Murtea o Murcia (v. Varr. /. c.; Plin. XII. XV, 121) deriva evidentemente dal murtus (jiópxo;) o mirto, come già riconoscevano gli antichi, che tale pianta sacra anche ai matrimoni mettevano appunto in relazione con lei e con Venere Cloacina, v. Plin. XII. XV, 119-122; Plut. q. Rom. 20. Secondo il mio modesto parere sono interamente fuori di strada il Preller e lo Iokdan, roem. Mi/thol. I1, p. 438 sg. i quali pensano ad una derivazione da
      * mulcere „ o da " marceo „ cfr. Serv. ad Aen. Vili, 636. Lo Iordan esclude pare il mirto perchè nome forestiero ; ma io non riesco a vedere perche ad una divinità nazionale romana non si potesse dare, anche da tempo antico, l'epiteto tolto dalla pianta a lei sacra, a cui si mantenne il nome forestiero. Su Tazio e Venere Cloacina v. anche Auo. d. c. d. VI, 10; Lact. I, 20, 11.
      (') Plut. Rom. 21. Ovm. fast. Ili, 170 sqq. Skrv. ad Aen. VIII, 633.
      (*) Plut. Rom. 15; Rom. 85.


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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen
1898 pagine 629

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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