Storia di Roma di Ettore Pais
TARDA IMPORTAZIONE DEI MURI SIBILLINI.
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canto i responsi sibillini custoditi nel tempio del massimo dio nazionale, che imponevano di seppellir vivi Greci non dovevano certo, per questo lato, seguire i consigli dell'ellenico Apollo. (') Agli oracoli, man mano modificati e formulati sotto l'efficacia di quella cultura greca, che a partire dal IV secolo imponeva l'introduzione del culto di Apollo stesso e delle altre divinità elleniche, da Escu-lapio a Venere Ericina, venne pertanto attribuita origine più vetusta: si assegnò loro tanta antichità quanto si supponeva ne avesse il tempio più importante della nazione. Nel fatto la leggenda della vecchia sibilla, a parte le contaminazioni di età posteriore, fu per la prima volta ricordata da scrittori greci, e non può essere anteriore alla line del IV secolo, ossia al tempo in cui fu edificato il tempio di Apollo. Non sarebbe anzi assurdo pensare che tale leggenda, la quale grazie alla menzione dei trecento filippei con cui sarebbero stati acquistati i libri sibillini, si rivela posteriore allo stesso anno 353, sia stata localizzata a Roma verso il 212. vale a dire al tempo di Fabio Pittore, che reduce da Delfo raccomandò ai Romani il culto di Apollo, proprio negli anni in cui, seguendo i consigli degli oracoli Marci, si istituirono nella Città i ludi Apollinari. ('-')
(') Plin. XII. XXVili, 12. Plut. q. Rom. 83.
(*) Il valore della tradizione letteraria rispetto alle sibille è esaminato nella diligente e metodica dissertazione di E. Maas, de Sibijllanun indicibus (Gryphiswaldiae, 1879;, dove però non si tiene conto del fatto che secondo Varrone apd Lact. d. f. r. I, G et Sekv. ad Aen. VI, 72, i libri sibillini furouo pagati trecento filippei. Il che vuol dire che la fonte di questa notizia è uno scrittore non anteriore a Filippo II ed a Teopompo. Tenendo anzi conto dell'uso della parola filippei per età posteriori, ad es. Liv. XLIV, 14 ad a. 1G9, può pensarsi anche ad uno scrittore meno antico, alessaudriuo o pergameuo. Le varie notizie riferite alla sibilla cumana, di cui si trova traccia in Varrone, II. ce., per una parte fauno capo al Pseudo-Iperoco, l'autore della cos'i detta storia cumana. v. Paus. X, 12, 8 etc., per l'altra si riconnettono con Timeo, v. [Aristot.] de mir. ause. 95; Lykophr. 12S0; Serv. ad Aen. VI, 321, cfr. ib. 36. Si veda anche Ovid. fast. IV, 158; 257. Propkrt. V, 1,49. Vairone teneva presenti le diverse narrazioni perciò, apd Lact. I. e., la Sibilla diceva chiamarsi Ainaltea o Demo (cfr. Iperoco apd Paus 1.) ovvero Erofile (il nome della sibilla di Eritre). Timeo invece la chiamava Melancrena. L'invio dell'ambasceria romana del 7G a. C. ad Eritre, od Ilio, nelle varie città della Magna Grecia, in Sicilia etc., Lact. i. e.,
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (374/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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