Storia di Roma di Ettore Pais
RAPPORTO FRA LE GESTA DELLE GENTI PATRICIE E PLEBEE.
399
Licinie-Sestie e che l'ultima menzione dei Nauzi è ivi fatta nell'anno 287 a. C. in cui fu approvata la legge Ortensia.
La proporziono esistente tra le imprese attribuite ai plebei ed ai patrici mostra come i primi si fossero arrogate la maggior parte dello gesta dell'età regia. Alle famiglie patricie, è,attribuita invece, come tosto vedremo, un'attività molto più grande ed intensa perii primo secolo della repubblica, che per l'età dei re. È già molto che agli Emilì, che avevano parte principale nella storia del tiranno albano Amulio e della vestale Silvia, si sia accordato per via di duplicazione un rapporto con Ninna, il fondatore del culto di Vesta. (') Ninna parte è fatta a famiglie illusil i come ai patrici Corneli, Sul-pici, e Postumi. I Furi vengono ricordati appena una volta, ai Valeri viene solo in seguito assegnata parte cospicua con la storia del Poblicola, ed è già molto se Fabio, il patricio che primo narrò le gesta dei Romani, riuscì ad attribuire alla sua famiglia, vale a dire a Faustolo, l'onore di avere raccolto quel Romolo, destinato a mettere in dimenticanza Fabio, il figlio di Ercole e della ninfa tiberina. (2) Questo risultato, che sarebbe strano ed inesplicabile se nelle gesta attribuite all'età regia vi fosse anche una piccola parte di vero, si spiega invece assai bene riconoscendo che Fabio Pittore trovò accreditate quelle narrazioni, che derivavano da fonti plebee, e che d'altro canto alle genti patricie non riusciva sempre grave riconoscere le pretese delle più vetuste famiglie della nobiltà plebea. Va infatti tenuto presente che, se non proprio dal tempo della legge Canuleia, come affermava la tradizione (4-15 a. C.), certo ancor prima della approvazione delle loggi Licinie-Sestie (367 a. C.), le genti patricie, prima quella dei Fabi, si erano congiunte per via di matrimoni con le più cospicue famiglie plebee. (*)
Tutto ciò dimostrerebbe sempre più che le meno recenti versioni
(') V. s. p. 204. Può «anche supporsi che nel testo corrotto di Plutarco, Rom. 14, 16, v. s. p. 273, n. 4 ove si dice che, stando a Zenodoto di Trezene, Romolo avrebbe avuto un figlio detto 'AóXX'.c; più tardi chiamato 'A^XÀ'.og vi sia traccia del nome 'ApuX'.og od Aìjaì/.io;. O V. s. p. 229. (3) V. oltre al cap. IV e VI.
| |
Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
|
Pagina (422/656)
|
da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
Nauzi Ortensia Emilì Amulio Silvia Ninna Vesta Ninna Corneli Sul-pici Postumi Furi Valeri Poblicola Fabio Romani Faustolo Romolo Fabio Ercole Fabio Pittore Canuleia Licinie-Sestie Fabi Plutarco Rom Zenodoto Trezene Romolo ApuX Aìjaì
|