Storia di Roma di Ettore Pais
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CAP. IV. - DALLA CACCIATA DEI HE ETC.
discusse pure intorno alla sorte dei tre suoi figli; prevalsero miti consigli e fu loro concesso vivere tranquillamente a Koma. (') L'uccisione di Spurio Cassio invelenì gli animi dei plebei contro i patrici, i quali avrebbero colto il momento opportuno per tener fronte alle pretese popolari. Fra codesti patrici sarebbero stati i Fabi, dei quali uno come questore aveva istruito il processo contro Cassio e nell'anno susseguente, grazie ai patrici, sarebbe stato fatto console. Un Licinio tribuno della plebe tenta di rivendicare i diritti popolari e, poiché non consegue l'approvazione della legge agraria, cerca impedire lo leve militari di spettanza consolare. Un Fabio, sebbene valoroso, in una guerra contro i Veienti è abbandonato dall'esercito, che non vuole vincere sotto il duce odiato. [ patrici ottengono nondimeno che dei nuovi consoli sia nominato sempre un Fabio; anzi ai Fabi, per sette anni successivi, (485-479 a. C.) viene accordato tale onore; e di essi, oltre che nel racconto delle contese per la legge agraria, è fatta menzione nelle guerre contro i Volsci, gli Equi ed i Veienti. (2) Ma dopo un'aspra battaglia combattuta contro gli Etruschi di Veio, nella quale i due consoli Fabio e Manlio lasciano la vita, i Fabi si guadagnano le simpatie della plebe. Perciò Fabio, il console dall'anno seguente (479), pensa di prevenire i tribuni della plebe e contro l'opinione dei patrici medita distribuire ai plebei il terreno tolto ai nemici. (*) E poiché i Veienti continuavano a molestare i Romani, i Fabi. con eroico esempio, deliberano di sopportare essi soli il peso diglio dei propinqui e degli amici e narra come Spurio venisse ucciso a colpi di verga e il suo peculio fosse consacrato a Cerere. In un terzo passo infine Valerio Massimo, VI. 3, 2, intorno a Sp. Cassio riferisce una tradizione affatto diversa, che insieme a quella dello Pseudo Plutarco è da noi esaminata in seguito.
(') Che i tigli di Spurio Cassio fossero tre e che si fosse deliberato sull'opportunità di lasciarli vivere o no, è detto dal solo Dionisio, Vili, 78; 80. Dionisio a questo proposito istituisce un paragone fra le leggi greche, che deliberavano doversi uccidere i figli dei tiranni, e quelle più miti dei Romani. Questioni di questo genere erano trattate già da altri, v. ad es. Auct. de incent, ad llerenn. Il, 49, 144.
C) Liv. II, 42 sqq. Dion. Hal. Vili, 82 sqq.
(3) Liv. II, 44 sqq. Dion. Hal. IX, 1 sqq.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (457/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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