Storia di Roma di Ettore Pais
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caI'. iv. - dalla cacciata dei re etc.
Ma so da quanto abbiamo dotto apparisce meno oscuro come e perchè ia tradizione parli di un'ambasceria dei Romani ad Atene nel V secolo, dobbiamo ben guardarci dal credere che codesta tradizione sia sorta in età assai vetusta. Per quanto si possano far risalire a tempo antico le disposizioni delle stirpi latine ad accogliere i germi della civiltà greca, la tradizione di cui discorriamo non pare esser sorta che in età assai recente. Non diamo peso eccessivo agli argomenti di chi si è recentemente studiato dimostrare che tanto gli annalisti più antichi quanto Polibio e persino lo stesso Elio Stilone, il maestro di Vai rone, ignoravano le notizie circa l'ambasciata, la quale sarebbe stata escogitata negli ultimi anni dell'età di Cicerone dall'annalista Valerio Anziate. (') Crediamo però visecondo che è suo costume, «lue redazioni diverse, allorché parla dell'invio dell'ambasciata ad Atene e nelle città della Magna Grecia; cfr. Tac. «mm. Ili, 27:
* accitis quae tisqiiam egregia „.
(') Gli argomenti principali del Bor.scii, in. c., che hanno trovato accoglienza molto favorevole sono i seguenti. Dai vari passi di Cicerone, cfr. prò Jioscio Ani. 24, 69; de orut. I, 193; 197; prò Fiacco, 26, 62; de rep. 11, 22, 40; Top. V, 10, si ricava che sino all'anno 55 a. C. Cicerone ignorava la tradizione dell'ambasceria; egli non ne parla nel trattato " de republica, , nel punto in cui ce l'attenderemmo, II, 36, 61, dove segue Polibio. Se non lo sapeva Cicerone, tanto meno doveva averne notizia il suo maestro Elio Stilone, e non ne avevano cognizione nemmeno L Acilio e quel Sesto Elio contemporaneo di Ennio, il più antico commentatore delle Ali tavole, perchè questi, v. Cic. de ley. Il, 23, «59. non sapeva di sicuro che cosa volesse significare nella legge sui funerali la parola * lessimi r. Elio pensava volesse indicare " quasi lugubrem eiulationem, „ e Cicerone aggiunge: " quod eo magis indico verum esse, quia lex Solonis id ipsum vetat r. Da ciò parrebbe potersi ricavare che questi due vetusti commentatori non avevano fatto confronti con le leggi di Solone ed ignoravano la notizia dell'ambasciata ad Atene. Polibio infine non sapeva dell'ambasciata perchè all'anno 229 a. C., dopo di aver parlato della guerra illirica e dell'ambasciata del console Postumio in Grecia, «lice: r, pèv oòv *P(»pai(i>v psxà Suvàpetog sìg xyjv
'IXÀop-Sa v.aì xavxa xi jisp>j xvjg EOpcómjg, sxi 2' èniT:?/yxr) psxà rpp-ajss£-xc eig xaxà xv;v 'EÀXaSa xór.xoià2s Ss xai Z'.y. xaóxag syévexo xicg a-.xiag, II, 12. Di questi argomenti principali, il primo non ha molto valore. Il Boescl» non tiene conto sufficiente del fatto che nel de orai. I, 197, chi preferisce il diritto civile romano alle leggi di Solone e mostrerebbe con ciò di ignorare la notizia della ambasciata ò Crasso, al quale Cicerone fa poi manifestare opinioni opposte dall'oratore Antonio, ib. 245. Nò da quanto si fa dire al primo può ricavarsi che costui, o meglio Cicerone, ignorasse tale ambasciata. Nell'orazione prò Moscio Am.
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Storia di Roma
Parte Prima
di Ettore Pais
Carlo Clausen 1898
pagine 629 |
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Pagina (623/656)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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