Storia di Roma di Ettore Pais

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      I PLEBEI E IL TRIBUNATO MILITARE. IL PROCESSO DI CAMILLO. 19
      valersi dell'opera di volontari, e nel 396 a. C. le dissenzioni che parevano sopite in seguito alla elezione di plebei all'ufficio di tribuno e davanti alla certezza della prossima presa di Veio, scoppiano violentemente in causa del contegno superbo del dittatore Camillo e della preda di guerra. Parve un oltraggio agli dei il superbo trionfo di costui, che si sarebbe arrogati gli onori dovuti a Giove ed al Sole; eccita ira e dispetto la promessa da lui fatta della decima della preda ad Apollo Pizio. Non gli valgono i suoi meriti guerreschi, non l'onesta ed accorta condotta davanti alle mura di Falerì. A recare esca al fuoco contribuisce la legge agraria proposta dal tribuno della plebe T. Sicinio, il quale, su per giù come l'omonimo tribuno del 493 (che ricompare al tempo del decemvirato), propone che parte della cittadinanza, anziché a colonizzare la terra dei Volsci, si rechi a Veio. Si chiedono sette iugeri di terra non per ciascun capo di famiglia, ma a testa, affinchè più rapido sia l'aumento della popolazione della nuova colonia. I patrici, (fra i quali v'è un Appio Claudio che s'era opposto alla divisione della preda veientana), tentano impedire ciò, e l'inopportunità di abbandonare Roma è dimostrata soprattutto da Furio Camillo (395 a. C.) La plebe insiste con il rieleggere gli stessi tribuni per i due anni successivi, i quali citano in giudizio i loro colleghi Verginio e Q. Pomponio per aver due anni innanzi favorito con la loro intercessione i patrici, e li fanno condannare alla multa di dieci mila assi. Ciò rinfocola le ire dei patrici e di Camillo, il quale si dà daccapo da fare, dimostrando ovunque ed a tutti che non si deve abbandonare Roma. Le preghiere sue e dei senatori inducono insieme la plebe a rinunziare al proposito di recarsi a Veio, ma il giorno dopo i consoli Lucrezio e Sulpicio (abbiamo due consolati nel 393 e nel 392, a cui tengono daccapo tribuni militari sino al 367 a. C.), fanno approvare un se-natoconsulto per cui si accordano sette iugeri a tutti i plebei indistintamente, fossero o no padri di famiglia. Tale concessione fa sì che in questo anno 392 si eleggano i consoli L. Valerio e M. Manlio, ma non cessano le ire contro Camillo, che nell'anno seguente (391 a. C.) è citato in giudizio dal tribuno della plebe Apuleio in causa


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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