Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. V. - DALLA CADUTA DEL DECEMVIRATO ETC.
      della preda veientana; (l) altri dicevano dal questore Carvilio, perchè aveva ritenuto per sè le porte di bronzo prese in quella città, ovvero 111 causa dell'orgoglioso trionfo. (*) A piegar l'animo della plebe, che odiava da molti anni il valoroso ma superbo duce, non valse nemmeno il vederlo addolorato per la morte di un figlio. (3) La condanna appariva evidente, e poiché Camillo vide che il suo e quello dei clienti non sarebbe bastato a pagare la grave multa, si recò
      esule ad Ardea, pregando gli dei presi a testimoni della sua inno-
      «
      cenza che gli ingrati concittadini sentissero presto il desiderio di lui. Parole che ben presto si conobbe essere state profetiche perchè i Galli, che avevano impedito agli Etruschi di recare aiuto alle città di Veio, di Capena e di Falerio, erano ormai alle porte di Chiusi; e la leggenda, mescolandosi sempre più alla storia, favoleggiava di un tal Arante chiusino che per vendicarsi del talamo a lui macchiato da Lucumone, con la dolcezza del vino portato seco nella Gallia avrebbe indotto i barbari ad invadere l'Etra ri a ed a farsi suoi vendicatori. Leggenda alla quale altre versioni contrapponevano narrazioni in parte diverse ma prive del pari di valore storico. (4) Fra i racconti esposti nei capitoli precedenti e quelli teste
      0) Liv. V, 24-32.
      (2) Di Apuleio fanno menzione Livio, V, 42; Valerio Massimo, V, 3, 2; Plutarco, Cam. 12. Carvilio è ricordato dalla fonte di Plinio, XII. XXXIV, 13. Nella versione di Giovanni Malala, p. 183 sq. Bonn, Camillo, che è sostituito da Manlio Capitolino nel trionfare sui Galli, va esule nella città di Apuleia. Su ciò cfr. Mommsen, nelle roem. Forschungen, II, p. 350 sq.
      (3) Plut. Campii; App. It. 8, 2.
      (4) Dopo aver raccontato la leggenda di Arunte Livio, V, 33, 5, dice: u equi-dem haud abnuerim Clusium Gallos ab Arrunte seu quo alio Clusino adductos, „ il che prova che dopo tutto Livio prestava fede alia leggenda, ma che conosceva altre redazioni della medesima. A questa versione, di cui forse faceva già menzione Catone apd Gell. NA. XVII, 13, 4, va contrapposta quella della fonte di Plinio, NH. XII, 5, che parlava dell'elvezio Elico, il quale aveva esercitato l'arte fabrile a Roma ed in patria avrebbe fatto assaporare ai concittadini l'uva passa, il vino, i fichi secchi e Folio della Penisola. Tale versione, come mostra il nome degli Elvezi, rispetto a Roma è di età recente; forse essa era di origine ellenica e collegata dapprima con Marsiglia. Queste leggeude ricompaiono, come è noto, sotto nuova forma nella storia aneddotica di Narsete e dei Lan-gobardi.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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