Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. V. - DALLA CADUTA DEL DECEMVIRATO ETC.
      Nessun punto di appoggio, come può a primo aspetto apparire, ci porge la notizia relativa alle quattro statue degli ambasciatori con cui si sarebbero ornati i rostri, poiché, oltre all'esserci ignoti i personaggi ricordati, la menzione dei rostri ci conduce a un monumento che tal nome ebbe solo dopo il 338. (*) E che non si tratti di una sola anticipazione di linguaggio dimostra il fatto che Cicerone ne parlava come di statue, che avevano ornati i rostri sino all'età sua. Ora è evidente che tali statue non erano anteriori al tempo in cui, secondo la stessa tradizione, il Foro e anzi tutta la Città, salvo il Campidoglio, venne incendiata dai Galli. (-) Così non inerita fede la cronologia della guerra veiente. È stato più volte notato, e risulta dallo stesso racconto degli antichi, che l'assedio decennale non è che una imitazione di quello di Troia. (s) È evidente dall'altro canto che essendo stati più volte i Romani vinti in questo tempo dai Yeienti, e da essi e dai loro alleati cacciati in fuga, (4) l'assedio non potè diventare regolare se non negli ultimi tempi, in cui si parla del coniando del dittatore Furio e dei prodigi del monte Albano.
      In che rapporto stia poi il lago Albano con l'assedio di Veio
      non appare chiaro dalle narrazioni degli antichi, e la soluzione, del quesito è tutt'altro che facile e certa. Ma la via che conduce ad essa sarà forse un poco meno aspra, qualora si distinguano fra loro due redazioni diverse, e si riferiscano a due fatti pure distinti la galleria del lago Albano e quella di Veio. Secondo la tradizione più diffusa, la spiegazione del prodigio albano è data da un aruspice, che gli autori più recenti facevano catturare a tradimento dai Romani, ma che, secondo gli annali più vetusti, sarebbe invece fuggito spontaneamente presso i nemici della sua patria. (5) Nondimeno i Romani inviano una ambasciata a Delfo, la quale, a nomeO Plin. .V//. XXXIV, 23. Sui rostri Liv. Vili, 14; Cfr. s. p. 584, n. 1. (2) Cic. Phil. IX, 4 sq. 3) Liv. V, 4, 11.
      (4) Liv. V, 7; 22, 8: a curn plus aliquaudo cladium intulisset quam acce-pisset. cfr. Diod. XIV, 43.
      (5) Cic. de divin. I, 44, 100.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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